Reverse engineering per la strategia di canale

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Ogni giorno veniamo a contatto con un numero di canali di comunicazione sempre in crescita, attraverso device talmente diversi tra loro che possono seguirci in qualsiasi situazione. Per questo motivo è fondamentale che i brand definiscano una strategia di canale, individuando i punti di contatto (fisici o digitali) in cui sia possibile dialogare con le persone.

Sui canali social questi punti di contatto sono connessi, contaminati tra loro, al punto che i contenuti creati e pubblicati per un canale, oggi, possono essere fruiti all’interno di canali completamente differenti, cambiandone radicalmente il contesto. I cambiamenti degli ultimi mesi nell’ambito dell’integrazione tra le piattaforme danno valore a questo approccio.

Un esempio emblematico è la partnership annunciata tra Google e Twitter, che consentirà di visualizzare i tweet rilevanti tra i risultati delle ricerche Google. Così, ad esempio, chi desidera informarsi su un evento, potrà trovare informazioni e tweet in tempo reale nello stesso luogo. Al tempo stesso, i contenuti pubblicati su Twitter, non vivranno solo sul social network, ma estenderanno la propria visibilità all’esterno.

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Un altro esempio sono i contenuti che derivano da una “content curation” e vengono inclusi in canali diversi da quelli nativi. Twitter può essere un valido esempio anche in questo caso, con il lancio del proprio tool “Curator“, che permette di creare vere e proprie rassegne tematiche in tempo reale, a partire da tweet.

Come cambia quindi l’approccio alla strategia di canale?

Il primo passo fondamentale per definire una strategia di canale è studiare le persone a cui il brand vuole rivolgersi, ricavando insight sui loro comportamenti, sulle esigenze e sulle motivazioni che le caratterizzano.

Il cambiamento avviene al secondo step. Quando le contaminazioni tra canali non erano così forti come oggi, un contenuto pubblicato su un canale (ad esempio Facebook), verosimilmente sarebbe stato visto nello stesso contesto (ad esempio news feed Facebook). La scelta del canale, quindi influenzava la tipologia di contenuti prodotti e la modalità in cui il contenuto poteva raggiungere il target.

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Oggi, grazie a questa contaminazione, è importante tenere in considerazione le numerose modalità diverse in cui un contenuto può entrare a contatto con le persone per cui è pensato. Un contenuto Facebook, ad esempio, può essere fruito attraverso news feed, ma oggi,  tramite Graph Search potrebbe essere individuato tramite una ricerca oppure potrebbe comparire come contenuto contestuale a un luogo specifico dove si trova l’utente.

Introducing Place Tips in News Feed from Facebook on Vimeo.

È utile quindi che il secondo step sia dedicato al contenuto, perché – in modo sempre più forte – è la strategia di contenuto a influenzare la strategia di canale. Soprattutto se consideriamo come oggi sia possibile diffondere il contenuto anche all’esterno del canale per cui nasce.

La modalità di distribuzione, dunque, deriva dal target e dal contenuto e – anche grazie alle strategie di paid media – può raggiungere le persone e attivare una conversazione in modo sempre più granulare, che sia attraverso search, in un feed temporale (come quello di Twitter) o in un feed gestito da un algoritmo (come quello di Facebook).

A questo aspetto si legano le funzioni di “scoperta” (discover) del contenuto. Sia Twitter che Snapchat stanno sperimentando in questa direzione. Nel primo caso attraverso una selezione di contenuti potenzialmente rilevanti proposti agli utenti, nel secondo attraverso un’operazione di contenuto che seleziona prodotti video particolarmente rilevanti per il target.

Tutti questi motivi concorrono a cambiare il modo in cui i brand concepiscono la propria strategia di canale, con un approccio che può partire oggi da dove gli utenti possono venire a contatto con il contenuto, identificando solo come conseguenza i possibili canali da coinvolgere.