Distributed publishing: cosa significa e come cambia il nostro modo di fruire i contenuti

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Fino a pochi mesi fa, la scelta più comune per pubblicare un video online passava per YouTube. Publisher, brand e persone utilizzavano la piattaforma di Google per caricare il proprio video, integrandolo poi all’interno di tutti gli altri canali: Facebook, Twitter, blog e piattaforme proprietarie.


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Oggi invece, la scelta ricade sempre più spesso su un utilizzo “nativo” del canale: i video per Facebook caricati direttamente sulla piattaforma, così come accade per Twitter e per molti altri canali. A livello globale, la quantità di video da parte di brand e persone presente nel news feed è aumentata di 3,6 volte in un anno. Si tratta, in pratica, di un linguaggio sempre più importante e addirittura irrinunciabile per chi utilizza i canali social. Guardando questo trend da un punto di vista più ampio, vediamo come non sia limitato solo ai video: le piattaforme social hanno incoraggiato questo cambiamento in modo consistente anche per le immagini. Instagram, che in passato consentiva la preview delle immagini su Twitter, ha deciso di sospenderla ormai più di due anni fa, favorendo invece il caricamento diretto sui canali. Chi pubblica contenuto ha seguito queste evoluzioni. Alcuni publisher non le hanno accolte di buon grado immediatamente, perché rappresentano uno spostamento del contenuto da piattaforme proprietarie a canali altrui, dove il controllo sul contenuto e sulle revenue associate non è più completo. Altri invece, ne hanno fatto un punto di forza, con una strategia di distribuzione innovativa, che prevede la pubblicazione in modo “nativo” del contenuto direttamente sul canale.

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Posted by TIME on Wednesday, September 10, 2014

 
I brand che hanno saputo sfruttare questo cambiamento hanno ottenuto senza dubbio alcuni vantaggi. Da un punto di vista creativo, la pubblicazione “nativa” e diretta sulle piattaforme consente una conoscenza più puntuale del modo in cui le persone verranno a contatto con il contenuto. Permette di adattare il contenuto al contesto in cui viene fruito: ad esempio sviluppando contenuti diversi per tecnologie e device differenti o individuando soluzioni di interazione che sono specifiche e tipiche del canale in cui vengono pubblicate. Pensiamo ad esempio alle call-to-action specifiche che si possono proporre a una persona che guarda un video che parte in autoplay su Facebook su un tablet in cucina e a come possono essere diverse da chi sta vedendo un contenuto video su Twitter in metropolitana o da chi, invece, fruisce il contenuto via YouTube, sul divano guardando la televisione con Apple TV. Sono contesti radicalmente diversi, in cui le persone si aspettano modelli di interazione profondamente differenti.

  
Diversi tipi di contenuto per diversi tipi di fruizione: un esempio di un nostro cliente: Olivia e Marino La pianificazione editoriale dei brand deve tenere in considerazione le esigenze delle persone che fruiscono contenuto e fare così in modo che la conversazione che si crea sia ancora più rilevante nella vita delle persone. Le scelte creative, di art direction e di contenuto possono essere pensate oggi con molta più consapevolezza del contesto in cui le persone della community fruiranno il contenuto.

Ecco ciò che può nascere da una magica unione…Benvenuta primavera!

Posted by Fanta on Saturday, March 21, 2015

 
Il contenuto può essere pensato in modo verticale per una community specifica e per una fruizione tramite un canale preciso: un esempio di un nostro cliente, Fanta Il vantaggio della pubblicazione distribuita su più canali, poi, ha un impatto anche dal punto di vista “media”: le performance di diffusione dei post video “nativi” rispetto ai link sono molto più forti, anche grazie alle caratteristiche delle piattaforme (ad esempio autoplay per Facebook o per Instagram). Non dimentichiamo però che una pubblicazione distribuita e “nativa” è possibile anche su YouTube: soprattutto per contenuti pensati per chi utilizza il social network video di Google come canale di scoperta contenuti e fruizione diretta. Vanno poi considerate le numerose possibilità creative differenti e specifiche fornite da tutte le piattaforme, tra cui anche YouTube come le nuove “card” interattive introdotte all’interno dei video o per casi in cui il video non può che vivere nella piattaforma, per la modalità espressiva che lo caratterizza.

Un esempio di utilizzo creativo delle funzionalità del canale YouTube, con relativo “bahind the work”: Honda Type R In altre parole: a guidare la scelta del canale non è più principalmente la tecnologia (ormai disponibile trasversalmente su tutti i canali), ma le persone e il proprio modo di entrare a contatto e interagire con il contenuto.