#TNWeurope 2016: been there, seen that

Innovazione
Luca Della Dora

Si è appena conclusa l’edizione 2016 della TNW Europe: l’appuntamento annuale organizzato da The Next Web ad Amsterdam che ospita esperti internazionali di tecnologia, innovazione, marketing e comunicazione (+20.000 partecipanti e 140 speaker!).

La conferenza è stata un’ottima occasione di networking e ispirazione, ma la qualità dei relatori l’ha resa – quest’anno come mai prima d’ora – anche un momento di apprendimento su tutti i fronti, per la varietà di temi trattati e per il volume di interventi davvero interessanti.

E questo è stato il maggior problema per chi ha partecipato: tanta, tantissima carne al fuoco, e l’impossibilità di vedere tutto dal vivo (fortunatamente la maggior parte degli interventi sono visibili sul canale Youtube di The Next Web).

Ecco una diapositiva che rende bene l’idea:


 

Ma basta premesse. Ecco alcuni degli interventi che ci hanno colpito di più.


 

MOBILE IS THE NEW TELEVISION


Gary Vaynerchuk (@garyvee) è un imprenditore di successo – per dare un’idea, finito il college ha preso in mano l’azienda vinicola di famiglia, facendola crescere di valore da 3 a 60 milioni di dollari in meno di 5 anni – ma anche investitore delle maggior tech companies (da Facebook a Twitter, da Tumblr a Uber, e molte altre) e fondatore di VaynerMedia.

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Il suo intervento ha ripreso un format che usa abitualmente sui suoi canali social – #AskGaryVee – rispondendo a domande che spesso gli imprenditori si pongono (e ancor più spesso non si pongono…) e fornendo consigli concreti su come avere successo nel contesto attuale: la comprensione del contesto in cui si agisce non è mai stata importante come oggi, proprio per la rapidità che ha nel mutare.

Siamo passati da un mondo in cui internet veniva considerato un fenomeno passeggero, a un mondo in cui lo stesso discorso viene fatto per piattaforme come – ad esempio – Snapchat: le persone sono confuse riguardo a fenomeni di questo tipo perché si pensa solo al valore transazionale di ciò che viene fatto e comunicato (e al tasso di conversione immediato delle azioni), e non si considerano gli effetti di lungo periodo e i vantaggi che possono portare.

È sempre più importante capire che quello su cui ci si deve focalizzare è guadagnare l’attenzione delle persone in modo efficace, e non costruire enormi community a cui non si ha molto da dire.


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Qui trovate il video completo del suo intervento.

 

CURATION, SEARCH, SOCIAL


Ethan Zuckerman (@ethanZ) è direttore del Civic Media Center al MIT, e autore di molti testi che spiegano l’impatto che la tecnologia e i social media stanno avendo sul nostro modo di comportarci e di consumare le informazioni. È anche co-fondatore di Global Voices – un progetto no-profit che raccoglie contenuti di blogger, giornalisti e traduttori, dando spazio, e – appunto – voce a tutti quei contenuti che non vengono diffusi attraverso i media “tradizionali”.

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L’intervento di Zuckerman si è aperto con la drammatica fotografia del corpo senza vita del bambino siriano ritrovato sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, mentre cercava di raggiungere l’isola di Kos.
È di un’immagine straziante, e nonostante questo, se osserviamo le conversazioni e le discussioni che ne sono seguite, ci rendiamo conto che la nostra attenzione non è focalizzata sul dramma che vivono le persone che cercano di fuggire dalla guerra, ma su quello che fanno i governi, sulle parole dei politici o sulle implicazioni che la migrazione dei rifugiati potrà avere sulla nostra pelle. Insomma, su quello che potrebbe toccarci da vicino.

I social media ci permettono – come mai prima di oggi – di esprimere la nostra opinione liberamente, e di sapere cosa sta accadendo nel resto del mondo esattamente in questo momento, ma questo non significa che siamo in grado di esprimere un giudizio imparziale, fondamentalmente per 2 motivi:


In questo contesto è interessante osservare in che modo le persone trovano (e consumano) informazione online, e lo fanno prevalentemente in 3 modi:

“We tend to be local and locked by language”:


i social media hanno il potenziale di modificare questo comportamento, e di farci ragionare in una prospettiva più globale, offrendoci accesso – in tempo reale – a ciò che sta succedendo nel mondo, ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, perché la possibilità di discutere dei temi che ci interessano di più può anche diventare un modo per rinforzare ulteriormente il nostro “essere locali”. Sta a noi scegliere.
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Stefano Maggi, Managing Director di We Are Social, commenta così l’intervento di Zuckerman:
Quella presentata da Zuckerman è una teoria decisamente controintuitiva, ma molto interessante.
Ogni giorno cresce il numero di persone che utilizzano canali digitali e social per scoprire, dialogare e prendere decisioni.
Questo incremento di popolazione, però, non significa automaticamente un allargamento delle voci e dei punti di vista. Anzi, l’estensione delle community rischia di portare in alcuni casi a una tendenza alla “omofilia”: andare a ricercare e approfondire quelle notizie e informazioni significative per le persone più vicine, a scapito di tutto ciò che è potenzialmente rilevante, ma più distante.


Per evitare un appiattimento nelle opinioni, nelle discussioni e nelle azioni, Zuckerman auspica la nascita di “digital cosmopolitans”, che favoriscano la diffusione di conversazioni al di fuori dei confini locali. Tutti possiamo giocare un ruolo importante in questo senso.

Anche i brand possono aiutare le persone ad allargare i propri orizzonti al di là della naturale propensione a dedicare l’attenzione solo alla propria cerchia d’appartenenza. Il potenziale degli strumenti digital, di search e social è fortissimo e abbiamo l’opportunità di sfruttarlo per farne un veicolo di per una pluralità di opinioni e punti di vista.

 

FILTERS? NOT NEEDED ANYMORE


Casey Neistat (@caseyneistat) è co-fondatore di Beme. Il suo canale Youtube conta più di 3.2M di iscritti, e +715M di visualizzazioni.

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Durante il suo intervento ha spiegato che c’è stato un momento ben preciso che ha cambiato la sua vita, ed è questo:



È in atto, a livello globale, un cambiamento molto importante che riguarda il modo in cui circolano le informazioni e le opportunità per le persone di produrre contenuti, creando quello che fino a poco tempo fa era completamente nelle mani dei grandi media: chiunque voglia produrre contenuti, oggi può farlo, raggiungendo (potenzialmente) milioni di persone.

Questo ha a che fare con tutto ciò che è puro intrattenimento, ma anche con la possibilità di documentare la realtà, portando sotto i riflettori qualcosa di cui non si parla (sia in positivo, sia in negativo).

Le persone hanno cambiato radicalmente il modo in cui accedono ai contenuti, passando da una logica per cui questi venivano “imposti” da un palinsesto (o anche più di uno, ma sempre deciso a monte), a un modello per cui si viene raggiunti da un contenuto, e se non conquista la nostra attenzione nei primi 5 secondi si passa ad altro: in questo contesto i content creators hanno un potere sempre maggiore, perché sanno reagire velocemente a ciò che le persone vogliono consumare, e sanno farlo con il linguaggio capace di conquistare e mantenere viva la loro attenzione.

Bruno Tecci, Strategy Director di We Are Social, commenta così l’intervento di Casey Neistat:
Ecco che diventa fondamentale avere sempre un alto livello di creatività/lateralità in ogni contenuto, perché solo attraverso una costante ricerca creativa, che metta in discussione quanto fatto prima, e innovi, e sorprenda, si può effettivamente arrivare a essere davvero rilevanti per le persone.
Considerato che la vera risorsa che tutti (brand, prodotti, ma anche singole persone) cerchiamo di accaparrarci è l’attenzione della nostra audience: una risorsa sempre più scarsa, scostante, ambita, bersagliata.

E già che era ad Amsterdam per la conferenza, Casey Neistat ha approfittato per fare qualcosa di un po’ insolito:



Qui trovate il video completo del suo intervento.

Abbiamo raccolto i 5 insegnamenti più interessanti dall’evento in un breve documento:

Curiosity stop: TNW Europe 2016 Special from We Are Social


 

Questi erano solo alcuni highlight di una 2 giorni ricchissima di spunti interessanti (sì, anche di qualche birra, che insieme a un inaspettato sole, hanno allietato la nostra permanenza), ma vi lasciamo con alcuni interventi che vi suggeriamo di godervi integralmente:

Peter Sunde (The Pirate Bay) • Technology is neither good nor bad: you are



Julie Zhuo (Facebook) • Building with creative confidence: what to always ask in a product review



Bill Buxton (Microsoft) • Socializing technology for the mobile human



Werner Vogels (Amazon) • Does AI make Apps Evil? – Create smart applications with Machine Learning



David Allen (Getting Things Done) • Game-changing Innovations