Chatbot: sono pronti per i brand?

Innovazione
Luca Della Dora
CMO.com ha pubblicato questo articolo di Tom Ollerton, Marketing and Innovation Director della sede di Londra di We Are Social, che illustra le considerazioni che i brand dovrebbero fare, prima di investire in un chatbot.


I chatbot garantiscono di replicare conversazioni one-to-one con i consumatori, ma quali sono le considerazioni che i CMOs devono fare prima di investire in un bot per il loro brand?

L’annuncio dell’introduzione dei chatbot per Messenger – durante l’F8 Conference di aprile – ha amplificato l’interesse di aziende e agenzie nei confronti dell’intelligenza artificiale applicata a questo ambito.

Perché si tratta di un’innovazione tanto interessante? Innanzitutto aiuteranno Facebook a porsi in modo sempre più deciso come piattaforma di e-commerce: offrono l’opportunità – ai brand – di usare Messenger per agire in modo sempre più personale con i propri consumatori, e, come accade ogni volta che una nuova soluzione tecnologica diventa accessibile su larga scala, permette alle aziende più brillanti di dimostrare la loro capacità nel trovare soluzioni innovative per il loro business.

Sono già stati sviluppati bot in grado di sviluppare conversazioni – anche complesse – con le persone. Poncho è un ottimo esempio: si tratta di un bot focalizzato sul meteo e una delle prime app basate sulle API Send/Receive di Messenger. Un altro caso interessante è quello di Miss Piggy, che permette di intrattenere conversazioni con il personaggio dei Muppet’s, replicandone tono di voce e linguaggio.

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I brand non dovrebbero farsi prendere dalla fretta e del voler essere assolutamente tra i primi a sviluppare soluzioni di questo tipo: ci sono un numero di potenziali sfide da tenere a mente prima di prendere decisioni affrettate.

Essere primi non vuol dire sempre essere i migliori



Appropriarsi dell’etichetta di “first adopter” rappresenta sempre una grande tentazione.
Quando è nato l’App Store, i brand si sono fiondati nella creazione di app anche soltanto per poter dire di “esserci”, senza nessuna reale considerazione sul reale valore aggiunto che ci potesse essere dietro. Molto di queste app non avevano un vero scopo. Il risultato? Molte aziende si sono trovate tra le mani applicazioni poco utili, che sono finite nel dimenticatoio dopo pochi mesi – a fronte di investimenti evidentemente non del tutto giustificati.
Se il vostro brand è in grado di offrire alle persone un’esperienza davvero utile sfruttando i chatbot, ok, allora forse fate bene a pensare di esplorare quest’area. È fondamentale tener conto, però, che prima che l’intelligenza artificiale sia in grado di rispondere a qualsiasi esigenza ci vorrà del tempo: questo significa che aver fretta di andare in quella direzione espone al rischio di trovarsi tra le mani uno strumento approssimativo, che rischia di portare più danni che vantaggi.

Chiedetevi sempre: il chatbot renderà il nostro servizio più veloce, migliore e più economico? Se la risposta è negativa a una di queste domande, potrebbe essere difficile giustificare la creazione di un chatbot al senior management – e ancor più difficile giustificare la sua esistenza agli occhi delle persone.

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Per quelli che decidono di creare un chatbot, è importante tenere a mente le regole base dei social (e della comunicazione), ricordandosi di trovare l’equilibrio giusto tra le richieste dei brand e i bisogni dell’audience.
Molti brand dovrebbero fare un passo indietro, e capire a quale esigenza risponderebbe il chatbot, prima di lanciarsi.

Costruire una personalità



Le persone interagiranno con i chatbot nei modi più disparati, ma si aspetteranno che l’esperienza risponda e sia personalizzata rispetto alle loro specifiche esigenze. Prendiamo un chatbot per un brand di abbigliamento, ad esempio: alcuni vorranno interagire per avere un’esperienza di acquisto ancora più veloce, facendosi guidare all’interno del catalogo in modo diverso dal solito, altri vorranno avere una conversazione sulle diverse opzioni disponibili, e si aspetteranno di ricevere consigli personali a riguardo.

I consumatori non sono ingenui. Sanno che i chatbot non sono persone, ma si aspettano un’esperienza più divertente, interattiva ed utile rispetto al mero browsing di un sito. Se non sarà così, perché sprecare il proprio tempo?

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I bot dovranno fornire contenuti in linea con la personalità della marca, e, allo stesso tempo, rispondere alle richieste dei consumatori per informazioni più utili e dettagliate: questo è un modo per far sì che si crei un rapporto di fiducia con le persone.
I brand sono abituati a sviluppare toni di voce e linee guida ben precise per i loro community manager – i chatbot saranno una naturale estensione di questi. L’input editoriale sarà importante quanto la tecnologia dietro nella creazione del bot perfetto per rappresentare il vostro brand: il training è infatti uno dei momenti cruciali per stabilire il successo (o meno) del vostro bot.


Non intrometterti



Un’altra sfida cruciale per chi svolge attività di marketing usando i chatbot è non essere troppo invadente.

Facebook ha dato molta importanza alla possibilità di mettere in “mute” il bot in qualsiasi momento, perché il rischio di ritrovarsi inondati da messaggi prodotti da una macchina – senza che siano richiesti, e che portino un reale valore – è esattamente il rischio che Zuckerberg non vuole correre.

Anche per questo i brand devono porre molta attenzione nell’individuare il miglior modo di gestire le interazioni prodotte dai bot: se una persona si stanca della quantità – o del tipo – di messaggi prodotti dal bot, lo bloccherà, ponendo fine alla sua esperienza (con poche possibilità che cambi idea in futuro).

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Nonostante tutti i più recenti sviluppi, Facebook Messenger rimane una piattaforma “intima” usata per “messaggiare”(sorprendente vero!?), e, partendo dal presupposto che questo dovrebbe valere per qualsiasi azione prodotta da un brand, la domanda principale (ancor più che in altri luoghi) dev’essere: “sto offrendo un’esperienza utile alle persone?” (sì, anche l’intrattenimento può essere utile).

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Conclusioni


I chatbot hanno il potenziale per rivoluzionare i comportamenti delle persone quando interagiscono con i brand. Non scordiamo un’altra cosa: siamo pigri per natura, e se qualcosa ci fa risparmiare tempo e fatica, saremo maggiormente predisposti a interagirvi.

Uber e i pagamenti contactless hanno semplificato il modo di viaggiare e pagare, e i chatbots hanno il potenziale per fare lo stesso in altri ambiti (dal customer care, allo shopping online).

L’uso quotidiano dei chatbots è ancora in una fase embrionale, ma è un’area che merita di essere seguita con grande attenzione da tutti quei brand che possono semplificare e velocizzare molti processi, migliorando anche l’efficienza nel loro rapporto con i consumatori.



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