Thank God We Are Social #282

Thank God We Are Social
luca.scremin

Potreste averlo sentito da qualche parte, ma nel caso: gli Stati Uniti d’America hanno eletto Donald Trump come quarantacinquesimo presidente della loro storia. 


Lungi da noi soffermarsi sugli esiti e sulle conseguenze di queste elezioni, un evento di questa portata offre comunque una serie di spunti interessanti per valutare come si evolve il mondo della comunicazione in cui operiamo, che non può essere diviso in compartimenti stagni ma dove anzi le novità in campo politico possono riflettersi sull’advertising e viceversa.


Verso le elezioni


Fin dall’inizio della campagna, le piattaforme social hanno fatto tutto il possibile per imporsi come il medium principale attraverso cui seguire queste elezioni.


Snapchat ha provato a rinforzare il proprio ruolo come aggregatore di news, incorporando i contenuti di alcune tra le testate più autorevoli e in particolare un filtro creato dalla Associated Press, che nel giorno delle elezioni ha offerto uno dei servizi live più accurati sui risultati di voto.


Dove però Snapchat ha effettivamente giocato un ruolo di primo piano è, come sempre, con i propri filtri: non solo tramite un filtro geolocalizzato che ricordava alle persone di andare a votare, ma anche con delle lens personalizzate per i due candidati.


CrookedHillaryWith Her Filter


 

Facebook, che ha cercato da subito di posizionarsi come l’hub più completo per seguire queste elezioni, ha introdotto la voce “Election 2016” nella sezione “Preferiti” a partire dal 26 settembre. Tra le possibilità offerte dalla creatura di Mark Zuckerberg, quella di trovare il seggio più vicino, di conoscere meglio i candidati attraverso una selezione (algoritmi, certo) di articoli su ognuno di loro e, a voto effettuato, di condividere il proprio sticker “I voted” così popolare in queste elezioni del 2016.

 

 Elections FB


Live Coverage

Ma l’impatto più forte Facebook l’ha avuto in termini di broadcasting: tutti i maggiori servizi di news, da giornali cartacei a programmi di news, si sono serviti di Facebook Live per trasmettere talk show e contenuti dedicati alla diretta sul voto, con aggiornamenti in tempo reale. Tra questi figurano ABC, NBC, The New York Times, CNN e Vox.


FB Live

Anche Twitter ha provato a dire la sua, ospitando un talk con alcuni esponenti di spicco di BuzzFeed in diretta streaming. Questa mossa rientra nella strategia di Twitter per imporsi come player dello streaming di contenuti dal vivo, come dimostrato da tentativi simili con Wimbledon e, più di recente, con la NFL.

Filter Bubble


Una delle discussioni più spinose intorno a questa campagna è stata quella relativa alla cosiddetta “Filter Bubble”.

I nostri newsfeed, lo sappiamo, sono ormai in gran parte assemblati non più da team editoriali ma da algoritmi (basti pensare a Facebook): questo fa sì, a detta di molte testate, che le persone vengano esposte massicciamente al parere di persone che hanno interessi e, spesso, idee simili alle loro, generando una sorta di isolamento che non fa percepire la varietà di opinioni realmente presenti nel campo.

Questo certamente non spiega la vittoria di Trump, anche per l’impossibilità di ridurre un argomento così complesso a un titolo. È però tuttavia interessante se si osserva lo scollamento tra l’opinione pubblica, gli analisti, i sondaggi, e quello che poi è invece avvenuto effettivamente in sede di voto. Che risiedano qui le vere vittime della filter bubble?

Uno dei risvolti più interessanti è quello che succederà man mano che le persone prendono coscienza di questa “bolla”, orientando magari il proprio modo di informarsi verso altre direzioni o medium, e che i brand di informazione (e non solo) dovranno essere attenti nell’individuare.


“The Meme elections”


Lo hanno scritto in tanti: se quelle del 2012 sono state le elezioni di Twitter, quelle del 2016 sono senz’altro state le elezioni dei meme.


Meme Begins


Vuoi per strategie precise, vuoi per la quantità di persone che ormai si dedica alla produzione di questi contenuti (immagini, ma anche video), è impossibile non fare i conti con un fenomeno che ormai costituisce uno dei linguaggi più diffusi e universali del mondo, soprattutto per merito della sua facile condivisibilità.

Memes

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come utilizzare i meme senza diventare “schiavi” del loro tipo di umorismo, di retorica e anche, banalmente, di codici grafici, è paradossalmente una delle più grandi sfide poste oggi dalla comunicazione digitale.

Grazie della lettura. Passate un buon weekend, magari ascoltando il compianto Leonard Cohen che ci ha lasciato all’età di 82 anni, non prima di averci regalato un ultimo disco capolavoro.