Un nuovo modo per capire le persone

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Anni fa, quando i social media dovevano ancora diventare uno strumento per attivare conversazioni tra persone e marche, per ascoltare le esigenze delle community e per capire i loro desideri, le aziende non avevano strumenti altrettanto efficaci per comprendere il target delle proprie iniziative.

Le possibilità consentivano di individuare uno o pochi profili molto ampi a cui rivolgere le iniziative di marketing, le strategie di comunicazione, i prodotti. La “distribuzione di comportamenti” rilevata dalle aziende si concentrava nel centro, nella media, nella normalità.

distribution of behaviors 1955 - seth godin

Per questo motivo, i brand, per avere successo, dovevano investire per creare prodotti, campagne, strategie mirate alla “media”, differenziando poco le proprie azioni dalla “normalità”, il minimo indispensabile.

Questo pensiero ha avuto una graduale evoluzione, ma fino a qualche anno fa è rimasto radicato nel modo di pensare delle marche. Definire profili della maggiore ampiezza possibile, individuare strutture ricorrenti per non dover creare troppe costose e rischiose variazioni, standardizzare, industrializzare i processi.

Basti pensare al lavoro pubblicato nel 2007 (non 1957) dall’antropologo Clotaire Rapaille: “The Culture Code”. I presupposti del libro sono interessanti: è importante analizzare in profondità ciò che dicono le persone, ma anche considerare agli elementi latenti e inconsci del loro comportamento. Attraverso un’analisi, Rapaille sostiene sia possibile individuare degli “archetipi”, “codici”: le “lenti” attraverso cui le persone interpretano concetti, eventi, prodotti e marche. Ad esempio, decodificando (o codificando) il “culture code” statunitense, Rapaille individua paralleli come Automobile = Identity, Love = False expectation, Sex = Violence, Alcohol = Gun, Fat = Checking out, Young = Movement, Money = Proof.

Al di là dei singoli concetti, che meritano una contestualizzazione e un approfondimento, è interessante vedere come, solo sei anni fa, un approccio che procede per archetipi culturali fosse tra i sistemi più validi per ispirare una strategia.

Oggi (in pochi anni) è cambiato moltissimo: non ha più senso individuare un unico archetipo culturale, ma al contrario, grazie agli strumenti di conversazione è utile lavorare sulle singole nicchie a cui appartengono le persone e le community a cui le marche si rivolgono.

I social media e l'analisi del target dal punto di vista sociografico

Un’analisi approfondita del target dal punto di vista demografico, psicografico e sociografico permette di rivolgersi a una “curva di distribuzione” radicalmente diversa, in cui gli elementi rilevanti non sono più solo al centro, nella media e nella normalità, ma appartengono alle estremità. Lo evidenzia anche questa curva di distribuzione, riferita al cambiamento dal 2010 a oggi, interpretata da Seth Godin. In questo contesto, rimane valido l’elemento di analisi approfondita sulla conversazione, ma non è più valido da solo il concetto di “archetipo”, che rischia di avvicinarsi all’idea di “stereotipo”.

Screen Shot 2013-08-30 at 09.38.06Attraverso la conversazione oggi le marche possono ascoltare e capire le esigenze delle persone, considerando non solo coloro che non sono al centro della curva, ma anche quei gruppi di persone non “mede”, o “normali”, sempre più numerose e sempre più coinvolte nelle proprie community.