Curiosity Stop Special: Chat Bots

Innovazione
Luca Della Dora
Bots, bots, bots. Da quando Facebook – durante l’F8 – ha annunciato la possibilità, per gli sviluppatori, di creare le proprie applicazioni personalizzate all’interno di Messenger, sono diventati il tema hot del momento.

Facebook ha delineato la sua roadmap per i prossimi 10 anni e l’intelligenza artificiale è una delle aree chiave verso cui Zuckerberg ha dichiarato di voler investire. L’altra area su cui Facebook sta investendo moltissimo è quella delle applicazioni di messaging, e il motivo è molto semplice: le persone interagiscono su piattaforme di questo tipo in modo sempre più massiccio. Facebook Messenger conta oggi più di 900 milioni di utenti mensili, e ogni giorno vengono scambiati più di 60 miliardi (!!!) di messaggi attraverso WhatsApp+Facebook Messenger (un volume triplo rispetto agli SMS, che si fermano a “soli” 20 miliardi).

Le applicazioni di messaging hanno superato già da qualche mese il numero di utenti rispetto ai social network (non dobbiamo pensare soltanto a WhatsApp e Facebook Messenger infatti, ma anche a KIK, WeChat, Line, etc.):

Messaging apps are now bigger than social networks

Per questo motivo abbiamo voluto raccogliere alcuni spunti interessanti che spieghino in modo molto concreto le opportunità offerte da soluzioni di questo tipo, osservando cosa è già stato fatto da chi ha iniziato a usarli in ambiti diversi – anche su altre piattaforme diverse da Facebook Messenger.



Poncho è stata una delle prime applicazioni a sfruttare le nuove API di Messenger in Invio/Ricezione. Si tratta di un bot focalizzato sul meteo, che permette alle persone di chiacchierare – letteralmente – e fare domande come “dovrei portare con me gli occhiali da sole oggi?”, o se “ci sarà il sole nel weekend?”. Una volta iniziata la conversazione, le persone riceveranno due notifiche al giorno – se lo desiderano – e verranno così aggiornate sul meteo, in base alle domande che hanno posto in precedenza.

L’ambizione di Poncho è di permettere alle persone di conversare con “lui” come si farebbe con un amico: l’aspetto interessante dei bot è proprio l’intelligenza artificiale che li “anima” e che si basa sul concetto che più si interagisce con loro, più imparano e comportarsi in modo intelligente, e vicino a quello di un umano.

Quartz è un’applicazione molto diversa, ed è strettamente legata al mondo dell’informazione (nasce infatti dal lavoro di un gruppo di giornalisti). Quartz offre un’esperienza di fruizione delle notizie completamente diversa rispetto a quella a cui eravamo abituati, e la porta in un contesto molto più familiare per gran parte delle persone: parte dalla logica per cui un publisher non può pensare di risultare utile (e interessante) per le persone se invia loro – in modalità push – delle notizie dal proprio website, e ribalta questo paradigma. Le news vengono infatti proposte alle persone che possono dare un feedback – positivo o negativo – in base all’interesse per l’articolo in questione. Questo fa sì che la fruizione di contenuti si inserisca in una vera e propria conversazione con un bot che impara a conoscere cosa ci interessa e cosa invece no.

L’app permette di inviare al bot messaggi e ricevere risposte (link, ma anche emoji, GIF e immagini, che rendono la conversazione molto simile a quelle che si intrattengono con in propri amici). Quartz permette di “accettare” la notizia proposta, o di passare alla prossima, ma anche di personalizzare l’esperienza indicando quante notifiche si vogliono ricevere, e di che tipo.

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Accade sempre così: alcuni esperimenti vanno bene, altri meno bene. È il caso di Tay, il chat bot sviluppato da Microsoft e pensato per i millennial. La sua bio di Twitter dice “Più parli con Tay, più lei diventa smart”. Il problema è che Microsoft ha dato per scontato che le persone avrebbero twittato a Tay solo cose smart, appunto. Ovviamente non è stato così, e molti commenti razzisti e volgari dopo, Tay è stata messa in disparte da Microsoft. Sappiamo però che ogni “fallimento” ci offre un insegnamento, e Tay ci ricorda i rischi che si celano dietro l’intelligenza artificiale. L’intelligenza artificiale è pericolosa? No, lei non lo è, ma noi sì.

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Questi sono solo alcuni degli esempi di applicazione dei chat bots che potete trovare nel nostro Curiosity Stop Special Chat Bots (interessanti, ad esempio il caso di Miss Piggy su Messenger o TacoBot, di TacoBell).

Ora non ci resta che sperare che nessuno insegni a un bot a scrivere report sull’innovazione – o altre tematiche che trattiamo sul nostro blog – o a scrivere post meglio di come farebbe un umano… ma forse è meglio non pensarci. Per il momento.