TG WAS #386 – LA COMPAGNIA DEL’INDIE

Se, come il sottoscritto, alla domanda “Come stai?” non puoi far altro che rispondere in tre modi:

Allora, complimenti: probabilmente ascolti musica indie.



Fenomeno duraturo, trend del momento o nuovo paradigma della musica italiana, il genere (?) indie ha conquistato una buona fetta di pubblico con i suoi testi sofferti e sofferenti, “ideali” per chi sta attraversando una profonda crisi esistenziale aka qualsiasi trentenne di oggi.



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Artisti come i Cani, Baustelle, Calcutta, Carl Brave x Franco126, Brunori sas, Gazzelle e tanti altri rappresentano la chiave di volta perfetta per superare una dolorosa rottura sentimentale, per alimentare nostalgie passate o semplicemente per aiutarti a cucinare controvoglia un tipico piatto ligure.



Il rapporto con i fan assume poi i contorni di un legame indi(e)ssolubile anche grazie a un’impronta local molto radicata: Roma, Milano, Bologna, Torino e i piccoli paesi provincia non sono semplici località ma assurgono a vere e proprie protagoniste delle canzoni in questione con i loro pregi e i loro difetti.



L’indie spesso consola, conforta, unisce ma a volte può anche dividere quando ad esempio superdigievolveee in Itpop, la versione mainstream capitanata da quel birbante di Tommaso Paradiso, l’uomo dalla nota vocale perenne.



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La verità è che nessuno, addetti ai lavori compresi, si sarebbe aspettato un’esplosione simile. Nemmeno i media tradizionali che, volenti o nolenti, non possono più ignorare tale fenomeno.



Per rendersi conto di quanto il terremoto indie incida sulla nostra quotidianità basti (o basta? Nel dubbio chiedo a Umberto Eco – semicit.) pensare che se persino una storica enciclopedia come la Treccani ha scelto di approfondire le parole più significative di queste canzoni come “pungicare” o “serotonina”, qualcosa sicuramente vorrà dire. Oltre al fatto che siamo ignoranti.


Scrollando il proprio feed, infatti, è inevitabile notare come il trend della musica indie abbia contaminato l’intero universo della comunicazione sui canali social. Youtuber, pagine e brand ne hanno subito colto le diverse potenzialità.

Ad esempio, un duo comico come Le Coliche ne ha messo in scena gli stereotipi più divertenti per creare parodie improbabili.



Sulla strada della satira si inseriscono alcune pagine Facebook che utilizzano i testi delle canzoni per provare a raccontare le serie tv più famose da un nuovo punto di vista.


Per quanto riguarda i brand, si può citare il lavoro di Converse con Liberato: una “misteriosa” sponsorizzazione che ha portato alla realizzazione di calzature griffate e che fa il paio con l’altrettanto misteriosa identità del cantante.

È evidente che molte strade sono già state battute. È altrettanto evidente che, dato il potenziale mediatico, altre sono tutte ancora da esplorare.

In ogni caso, mi piacerebbe concludere quest’articolo con un breve consiglio finale rivolto a indi(e)gnati e non: in questa Milano dalle sfumature post-atomiche che vanno dal giallo uranio impoverito al rosso ohmiodiostafinendoilmondo in cui persino il buon Kenshiro si sentirebbe a disagio,



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per la salvaguardia della specie è vivamente consigliata la somministrazione sconsiderata di 20cc di musica indie al giorno dopo i pasti senza badare a ciò che dice il foglietto illustrativo.



Perché, come sostiene il poeta, la verità è che ci fa paura l’idea di scomparire. E pure a sparire ci si deve abituare.



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