I promoted media: un nuovo modo di comunicare attraverso la conversazione

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I social media contribuiscono ogni giorno a evolvere e migliorare il modo in cui comunichiamo, offrendo alle marche nuove soluzioni per creare una relazione e costruire valore insieme alle persone a cui si rivolgono. Questo continuo cambiamento ci spinge a rivoluzionare anche il modo in cui pensiamo ai canali di comunicazione.

Storicamente, esistono due grandi categorie di canali: gli owned media (controllati direttamente da una marca, ad esempio i website) e i paid media (acquistati dalla marca, come i banner pubblicitari).

Grazie al social web, le marche hanno scoperto una serie di nuovi mezzi per stabilire una relazione e creare coinvolgimento, ad esempio attraverso il passaparola, i canali degli utenti e i social network. Questi canali non sono controllati né “acquistati” dai brand. È stato quindi necessario introdurre una terza categoria: gli earned media. Questi canali di comunicazione “guadagnati” vedono nelle persone stesse un “canale”.

Un’ottima analisi comparativa su questi canali è riassunta in questa tabella pubblicata e approfondita in un post di Sean Corcoran.

Una delle caratteristiche più interessanti dei social media è la velocità con cui avvengono i cambiamenti. Questa classificazione, pubblicata nel dicembre 2009, può già essere integrata con una nuova categoria che si sta affermando: i promoted media.

Cosa sono i promoted media?

Sono quei canali di comunicazione che vengono attivati da un investimento (promozione) da parte della marca, ma che si realizzano solo attraverso la conversazione e l’interazione. Sono vicini al concetto di “earned” perché devono guadagnarsi, attraverso il contenuto e la conversazione, il diritto alla diffusione. Sono però vicini anche all’impostazione “paid” perché un investimento (solitamente più ridotto che nel paid media tradizionale) è necessario per attivare la conversazione.

Oggi esistono già alcuni esempi interessanti di promoted media: i promoted tweet, i promoted account e i promoted trend di Twitter, in cui viene dato peso a un messaggio solo se questo è rilevante per chi lo legge e solo se suscita reazioni positive da parte degli utenti. Un promoted tweet che non viene retwittato o menzionato (che quindi suscita scarso interesse) non sarà mai efficace e non si diffonderà mai a prescindere dall’investimento fatto dalla marca. Anche i Facebook Ads possono essere utilizzati in logica “promoted” perché possono essere l’incipit di una conversazione: spesso è il modo migliore per rendere molto efficaci queste soluzioni, che nascono come media a pagamento ma che si sviluppano nella conversazione.

Diventa quindi sempre più importante per le marche saper comunicare attraverso una conversazione (e non attraverso messaggi che vengono “trasmessi” da un emittente a un ricevente). I benefit di questo tipo di media sono legati all’attivazione di una relazione a lungo termine, non solo di un rapporto a breve termine legato a una campagna e nello stimolo all’advocacy (per il messaggio, il prodotto o la marca stessa).

La sfida per le marche sarà creare non solo messaggi, ma “conversazioni” come mezzo per raggiungere in modo efficace le persone di riferimento. Queste conversazioni vivranno su earned media, ma attraverso il concetto di promoted media potranno diffondersi in modo più veloce ed efficace.

Il panorama dei “media”

Questo visual riassume la situazione dei “media”, comprendendo anche i promoted media.
Promoted media: conversazione e visibilità

Cosa pensate di questa evoluzione? Che tipo di impatto avrà sulla comunicazione di tutti i giorni delle marche? Ci sono altri esempi di media promossi che ritenete efficaci? Se volete, i commenti sono a vostra disposizione per raccontarlo.

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