Mercoledì Social #94
Rieccoci qui per un nuovo appuntamento con il mercoledì social. La rubrica settimanale che vi aggiorna sulle novità e gli spunti più interessanti del social web. Ben trovati 🙂 !
Questa settimana parleremo di Tumblr, Google e Google Plus, Facebook App, Twitter e McDonald’s.
I numeri di Tumblr
Partiamo da Tumblr. Non è la prima volta che parliamo della crescita impressionante registrata dalla piattaforma soprattutto negli ultimi mesi ma val la pena partire ancora una volta dai numeri per riflettere insieme sulle potenzialità dello strumento per i brand e per le iniziative attivate.
Superati i 15 (e anche i 16) milioni di post e raggiunti i 120 milioni di visitatori mensili.
Cifre che non solo ci raccontano del successo del mezzo e della sua diffusione sempre più capillare anche al di fuori dei confini americani ma che soprattutto ci danno evidenza di come le microinterazioni stiano sempre di più prendendo piede rispetto ai contenuti più strutturati.
Più del 40 % dei contenuti condivisi sul Tumblr sono immagini. Foto e video la fanno da padrone rispetto ai testi e gli stessi sono brevi e quasi sempre a corredo o a commento delle immagini condivise o rebloggate. Perché? Perché le immagini sono il mezzo più immediato e diretto per esprimere se stessi, i propri interessi e per ‘documentare’ quanto accade a noi e intorno a noi. La forza di Tumblr sta anche in questo e i brand che, sempre più numerosi, decidono di approcciarsi a questa piattaforma non possono trascurare questo aspetto.
Può venire spontaneo usare Tumblr come un qualsiasi blog o come un sito web proponendo contenuti e approfondimenti molto curati, articolati e apparentemente di maggior valore ma il segreto di Tumblr sta proprio nell’immediatezza. Il primo driver, come per ogni mezzo, è la qualità di quanto veicoliamo ma il secondo è la facilità.
Facilità di fruizione, di comprensione e di condivisione.
Su Tumblr, ad oggi, non esistono contenuti o profili promossi a pagamento dai brand, come ad esempio per Facebook e oramai per Twitter.
Farsi conoscere e far conoscere il proprio Tumblr, sviluppare e alimentare relazioni con gli utenti significa, in primo luogo, trovare la chiave nel come e nel quanto pubblichiamo, per spingere chi trova, cerca o segue i nostri contenuti non solo a leggerci e guardarci ma soprattutto a farli propri rebloggandoli e apprezzandoli e quindi condividendoli a propria volta con i propri follower.
Google e Google Plus
Numerose le novità che riguardano il mondo Google in questi ultimi giorni. Ripercorriamo insieme le principali.
Cambiano i termini di utilizzo dei servizi Google e viene unificata la normativa soprattutto in termini di privacy. Lo scopo è quello di rendere più breve e immediata la comprensione delle norme di riferimento per “creare un’esperienza d’uso che sia meravigliosamente semplice e intuitiva per tutti i serivizi Google”.
Viene introdotta la possibilità di utilizzare pseudonimi su Google Plus, in controtendenza con la posizione iniziale che faceva della garanzia dell’identità personale uno dei punti di forza del social network. Rimangono comunque alcuni “vincoli” alla possibilità di usare un nome fittizio soprattutto legate all’obbligo di dimostrare che quel soprannome appartenga effettivamente all’utilizzatore e che lo stesso sia solito utilizzarlo su altri canali e per la pubblicazione di altri contenuti.
La decisione si deve probabilmente alla numerosità (più del 60% degli utenti) di coloro che commentano utilizzano uno pseudonimo o semplicemente rientra nel ventaglio di cambiamenti messi in atto per l’ottimizzazione e per stimolare la diffusione del social network a marchio Google.
“Ask on Google+”. Proseguono gli sforzi verso l’integrazione delle funzioni di Search con quelle tipiche dei social network.
Al momento dell’inserimento di una qualsiasi query su Google verrà data la possibilità di reindirizzare quella richiesta su Google+ e chiedere quindi un “aiuto” e la risposta alla propria domanda agli amici di Google+. La funzionalità non è ancora disponibile per tutti i Paesi e per tutti gli utenti ed è pacifico che possa essere utilizzata solo quando si è loggati in Google. L’integrazione di queste caratteristiche è frutto dell’evidenza che i pareri, i consigli e le opinioni dei proprio amici, parenti e delle proprie cerchie di conoscenze hanno sempre più peso anche rispetto a quanto reperibile sulle fonti tradizionali e presso quelli che tradizionalmente vengono considerati “esperti” per un determinato argomento, prodotto etc. Diventa, quindi, sempre più importante la capacità dei brand di influenzare queste dinamiche creando advocacy presso gli utilizzatori finali e stimolando il passa parola (positivo) riguardo le esperienze d’acquisto, di prodotto e di interazione delle persone con i brand.
Il nuovo algoritmo di Google penalizza i contenuti che contengono troppo advertising
Modificato e già attivo il nuovo algoritmo per il motore di ricerca che assegna priorità ai vari contenuti nella visualizzazione dei risultati e penalizza quei contenuti che cotengono troppi contenuti pubblicitari nella parte superiore delle pagine web, ossia quella che si visualizza senza la necessità di effettuare lo scroll. L’affollamento di messaggi e di banner rende infatti il contenuto meno frubile e meno reperibile.
L’idea è quella di dare meno priorità a quelle pagine che scelgono di dare più spazio alla pubblicità a pagamento che ai veri contenuti e anche se sembra che solo l’1% delle ricerche globali verrà influenzato da questo provvedimento, non deve sfuggire il messaggio che, nonostante l’introduzione, l’utilizzo e l’abuso di banner a pagamento sui proprio spazi web sia una necessità, una tentazione o anche solo un modo di comunicare messaggi pubblicitari pertinenti rispetto ai contenuti proposti, l’eccessivo affollamento non solo rende sgradevole l’esperienza utente e penalizza la valutazione di qualità e l’attenzione sui contenuti ma, motivo in più, è sconveniente anche in termini di SEO.
Un’App di Aviary darà la possibilità di customizzare le immagini su Facebook
Mentre Instagram ha introdotto da poco la completa e diretta condivisione delle immagini nella propria timeline di Facebook, Aviary ha appena lanciato una nuova applicazione Facebook che darà la possibilità di modificare le foto già caricate su Facebook introducendo filtri, effetti e stili simili a quelli di Instagram, “privilegi” riservati agli utenti iPhone o comunque all’utilizzo di app mobile e alle foto caricate da smartphone.
L’applicazione Facebook è disponibile anche in versione mobile per iPhone e dispositivi Android e per le sue caratteristiche, vedi in primis la possibilità di utilizzarla su tutte le foto, caricata da qualsiasi tipo di device ha un grosso potenziale di diffusione. La condivisione delle foto è una delle interazioni più importanti e frequenti nell’utilizzo dei social media e un’azione su cui i brand stimolano molto gli utenti quando si vuole puntare sui contenuti UGC. Questa app, semplicissima nell’utilizzo dà uno stimolo in più per tutti coloro che sempre di più amano imrpovvisarsi fotografi in erba 😉 .
Ecco, ad esempio, il mitico draghetto Yoshi, di Super Mario, prima…
…E dopo la cura Aviary ;).
Il caso McDonald’s e l’utilizzo degli hashtag sponsorizzati
L’hashtag, da parola in codice riservata ai nerd, è diventato un fenomeno nazional popolare anche grazie all’utilizzo che ne hanno fatto programmi televisivi come quello di Fiorello, la community sui fatti di cronaca e di costume o i brand in iniziative dedicate.
Come ci racconta Luca Della Dora sul suo blog, Il cosiddetto ‘hashtag marketing’ è sempre più utilizzato ed ha grandi potenzialità. Come ogni “strumento” però, va utilizzato in maniera adeguata e opportuna e come ogni fenomeno a grande potenziale può diventare un boomerang come nel caso della campagna Twitter di McDonals: #McDStories. La call to action invitava gli utenti a raccontate le proprie storie a lieto fine a tema ‘happy meal’ ma si è trasformata nella raccolta di storie d’orrore culinario e quotidiano promosse e amplificate dai detrattori del brand: #McDHorrorStories.
Come sempre non è importante lo strumento o il canale utilizzato ma come se ne sfrutta il potenziale e sicuramente l’hashtagging ne ha da vendere. Ad esempio, per i brand che vogliono attivare delle iniziative, dei contest e delle campagne di comunicazione su canali come Twitter e con strumenti come Instagram e Fourqaure che tra le proprie funzionalità di riferimento hanno proprio quello di indicizzazione, ricerca e categorizzazione dei contenuti tramite hastag.
Per questa settimana è tutto.
Vi invitiamo, ancora una volta, a dirci la vostra in un commento.
Buon proseguimento di settimana a tutti 😉 .