Da Snapchat a Periscope, come cambia il modo di comunicare. In pubblico e in privato
C’è stato un momento in cui tutto quello che succedeva sui social network sembrava essere – per natura – pubblico. Erano le caratteristiche stesse dai canali a far sì che le interazioni tra le persone potessero essere osservate da chiunque, ma era anche qualcosa che aveva molto a che fare con la novità rappresentata dalle nuove piattaforme.
È arrivato poi il momento in cui gli utenti hanno iniziato a porre più attenzione a quello che pubblicavano: le piattaforme hanno iniziato a prendere sul serio la crescente premura delle persone, e hanno reso disponibili filtri e funzionalità che dessero più controllo a ciò che poteva essere visualizzato pubblicamente e cosa invece no (nonostante siano sempre attuali controversie su tematiche legate a privacy e tracciamento delle abitudini degli utenti).
Oggi i canali social sono usati in maniera molto diversa, vuoi per la maggior dimestichezza – e comprensione delle piattaforme – da parte degli utenti, vuoi per la possibilità di accedere a internet in qualsiasi momento, grazie a dispositivi mobile sempre più adatti ad essere usati anche per sessioni più lunghe e in situazioni diverse (non si tratta esclusivamente di discorsi legati alla connettività, ma anche all’evoluzione di questi dispositivi, in termini tecnologici, di formato e – in generale – di esperienza per l’utente): per dare una dimensione al cambiamento di prospettiva, basti pensare che 1 americano su 5 accede a internet esclusivamente con il proprio smartphone.
Comportamenti diversi e dispositivi diversi: le applicazioni di instant messaging rappresentano il punto di incontro tra questi due elementi, e le persone sono, oggi, abituate a interagire tra loro in questo modo, ridefinendo la distanza e le regole della loro sfera privata/pubblica.
I canali social continuano a rimanere un formidabile strumento di interazione per tutto ciò che appartiene alla sfera pubblica, mentre le conversazioni personali – e private – sono sempre più spesso condotte all’interno di network ristretti, luoghi accessibili a gruppi ristretti o dedicati a interazioni one-to-one.
Ognuna di queste piattaforme ha le sue specificità: dalla natura effimera di Snapchat, a Facebook Messenger (ormai divenuto una vera e propria piattaforma fatta di un sotto-ecosistema di applicazioni e di opportunità), passando per Line, WeChat e Whatsapp.
Sono più di 3 miliardi gli account attivi su questo tipo di applicazioni (prendendo in esame le 10 più diffuse).
Il numero di messaggi inviati via WhatsApp ogni giorno è ormai maggiore rispetto a quelli inviati via SMS: l’anno scorso ne sono stati inviati più di 7 trilioni (una media di 1000 messaggi per persona), ma – come detto – queste applicazioni offrono un’esperienza molto più ricca, fatta di molto altro rispetto ai soli messaggi di testo.
Facebook – con l’acquisizione di Whatsapp e la creazione della piattaforma legata a Facebook Messanger – si trova in una situazione decisamente privilegiata: Whatsapp conta più di 700 milioni di utenti attivi ogni mese, e Facebook Messanger più di 600 milioni.
È interessante osservare come le due applicazioni stiano oggi prendendo direzioni molto diverse, pur partendo da un concetto comune, grazie a funzionalità profondamente diverse: all’interno di Messenger, Facebook sta costruendo qualcosa di molto simile a quella che era l’esperienza iniziale offerta da Facebook stessa: no, non si tratta soltanto di poter inviare GIF ai propri amici, ma – ad esempio – di far circolare denaro senza mai uscire dalla Messenger stesso.
Dall’altra parte Whatsapp sta focalizzando sempre più l’attenzione verso un obiettivo: mettere in contatto le persone tra loro, in modo rapido e semplice (anche attraverso chiamate vocali – per ora disponibili solo su Android).
Le persone che usano questo tipo di applicazioni sono – mediamente – più giovani e abituate a utilizzare le opportunità offerte da internet, e – spesso – a completare tutto il ciclo di acquisto online (dalla ricerca, alla finalizzazione dello stesso), come riporta GlobalWebIndex.
Ma fuori dall’ecosistema Facebook c’è di più, ci sono servizi con funzionalità differenti, con obiettivi e audience molto diverse: da Snapchat, massimo esempio di interazioni basate sul momento e sulla natura effimera dei messaggi, a nuove piattaforme – come Periscope – che sono esattamente l’opposto, e offrono l’opportunità a chiunque di documentare pubblicamente momenti relativi non solo alle proprie vite, ma tutto ciò che accade intorno a loro.
Up Periscope https://t.co/Tvi9Ms0wyX
— Periscope (@periscopeco) March 26, 2015
Il video live streaming non è un concetto nuovo, ma, fino a poco tempo fa, i servizi dedicati a creare contenuti di questo tipo non avevano avuto un successo così grande da essere considerati mainstream: probabilmente la diffusione di smartphone, e l’abitudine delle persone di digerire contenuti di questo tipo (e di crearne, proprio per la separazione pubblico/privato resa possibile – anche – dalle applicazioni di messaging) è il motivo per cui invece, oggi, sembrano essere qualcosa di socialmente accettato, e che le persone vogliono (e non soltanto per ragioni di voyeurismo).
Per le aziende è sempre più importante capire in che modo interagire con le persone, non solo sfruttando le funzionalità offerte dalle piattaforme, ma – soprattutto – capendo il tipo di esperienza che le persone cercano all’interno di questi luoghi, adattandosi e rispettando il grado di intimità che le persone cercano, e offrendo uno scambio di valore reciproco che vada oltre la “diffusione” di un messaggio.