THANK GOD WE ARE SOCIAL #356

Thank God We Are Social
michele.vicari
Vi avviso: in questo numero del TGWAS non c’è nulla di bello.

Al contrario, ciò che stiamo per fare è un’immersione nella bruttezza, per prepararci al meglio alla giornata di domani (15 aprile): il “That Sucks” Day, un giorno in cui gli americani celebrano tutto il brutto che c’è nel mondo.

E allora, perché non farlo anche noi?

Cominciamo la nostra riflessione a pancia piena, con una Pasta con tonno di Bello Figo e qualche brutta pietanza sfornata direttamente dagli anni Settanta. Giusto un rapido giro sul profilo Instagram di Giorgio Mastrota per darci la carica (con quell’orribile pollicione diventato ormai più celebre delle sue pentole) e siamo pronti.

Diciamolo subito, senza paura di smentite: il brutto, oggi, piace. Attrae e incanta le masse, nelle sue svariate e praticamente infinite forme, con un successo multimediale senza precedenti.

Pensate a Sanremo, L’Isola dei Famosi, Barbara D’Urso, Gianluca Vacchi, Giuseppe Simone, Andrea Diprè, i Prediciottesimi, le Mammine Pancine. E se ancora non siete convinti, sappiate che Il Grande Fratello Vip è stato il programma più seguito sui social mentre andava in onda, con oltre 900 mila interazioni e 186 mila utenti unici in una sola settimana. Tra l’altro, da quello che ricordo, credo abbia vinto Malgioglio.



E che dire della campagna elettorale finita solo poche settimane fa nel nostro Paese? A detta di molti, la più brutta della storia repubblicana. Eppure, è stato un capolavoro audiovisivo di ascolti, con un seguito impressionante non solo nei salotti tv, ma anche sui social. Lo dicono i numeri.

Indipendentemente dalle inclinazioni politiche di ognuno di noi, nella gara degli spot elettorali il premio alla bruttezza va di diritto al contest Vinci Salvini. Se qualcuno se lo fosse perso, questa l’idea in sintesi: chi mette più “mi piace” vince un caffè con il candidato premier della Lega. Bella, no??



Direi che non servono ulteriori indagini per renderci conto di essere di fronte a qualcosa di davvero potente in termini mediatici. Ma perché il brutto ci piace così tanto? La domanda è piuttosto ostica e i perché potrebbero essere tanti.

Intanto la bellezza non è mai qualcosa di oggettivo. La bruttezza, spesso, sì.



Foto come questa, in qualche modo, ci uniscono. Per altri capolavori del genere, potete rovistare tra Il peggio della fotografia made in Italy e nel mondo.

Liberare la nostra parte peggiore, poi, ci aiuta a prenderci meno sul serio, con una sorta di effetto catartico. Pensate al gruppo di Reddit Pretty girls ugly faces, e al suo spinoff maschile Handsome guys ugly faces, dove gli utenti caricano foto di se stessi in cui sfoderano le loro espressioni peggiori, affiancandole a foto più convenzionali e “belle”.



E ora via col macigno: la bruttezza per noi uomini di oggi potrebbe anche essere “un mezzo per esorcizzare una bruttezza ben più profonda che ci assedia, ci atterrisce e vorremmo ignorare”. È quanto ipotizza Umberto Eco nel suo libro Storia della bruttezza, che potete scaricare gratuitamente da qui.

Nel saggio Andy Warhol era un coatto, Tommaso Labranca sostiene che “il trash è innato in ognuno di noi”. E la più attuale e diffusa esemplificazione di questa teoria sono i nostri UGC preferiti: i meme, a cui dedichiamo buona parte del nostro tempo libero.

Come biasimarci. I meme sono belli, anche se sono brutti. Forse ci piacciono così tanto proprio perché sono brutti. Sono spazzatura sublime, come quella esposta in alcuni musei di arte contemporanea. Possiamo addirittura considerarli una forma d’arte? Il dibattito è aperto, e potete anche votare.



Qui potete gustarvi alcuni tra i migliori (o peggiori) meme del 2018. 

Ah, piccola parentesi. Se nel weekend vi viene voglia di dare una rinfrescata alla vostra casa, fatevi ispirare da questo account Instagram, dove una interior designer raccoglie le abitazioni con gli arredi più brutti del mondo. O da quest’altro, curiosando tra gli oggetti di design più improbabili.



Resta aperta ancora qualche domanda. La bruttezza può essere considerata una forma di bellezza? E soprattutto, può essere usata in comunicazione in maniera efficace?

Mi viene in mente il caso (ormai un po’ datato) dell’Hans Budget Hotel di Amsterdam, che per anni si è orgogliosamente posizionato come The Worst Motel In The World, cavalcando l’idea fino in fondo e aumentando enormemente l’awareness tra i giovani viaggiatori, per natura più inclini a sperimentare esperienze estreme.  



O la campagna Inglorious Fruits&Vegetables, firmata dalla catena di supermercati francese Intermarché. Per combattere lo spreco di cibo, ha convinto la gente ad acquistare la frutta e la verdura “venute male”, semplicemente celebrandone le imperfezioni.



In giro ci sono molti esempi di campagne brutte, ma pochi che sulla bruttezza hanno puntato tutto, riuscendo a portare a casa il jackpot. Se usata bene, questa particolare categoria dell’estetica, un po’ snobbata da noi “addetti ai lavori”, ha ancora tanto da dire.

Io, invece, credo di aver detto abbastanza.

Vi lascio con questo bell’uomo che si gratta la schiena (con uno spazzolone del cesso) mentre il suo cane gli lecca la pancia. Aiutiamolo a raggiungere 1 milione di visualizzazioni, c’è veramente vicino.



Buon “That Sucks” Day a tutti.