THANK GOD WE ARE SOCIAL #385

Thank God We Are Social
gennaro.borrelli
Mediaset Extra è un posto strano.

Una bizzarra macchina del tempo catodica che, a volte, regala perle clamorose.
Come le repliche di “La Sai L’Ultima?”, grande classico del prime-time anni ’90.

Una cartina tornasole dell’epoca: colori sgargianti, ballerine scosciate, risate registrate, geometri di Campobasso in completi della Standa, barzellette tremende. E l’applausometro, esempio d’antan di democrazia diretta.

Sobrietà.


“Ma come facevamo a ridere con quella roba?!” chiedo allo Zio Adalgiso, 53 anni, in trance davanti allo schermo. Lui non coglie. Ci si ammazza ancora di risate con quelle freddure telefonate (e in replica).

Io però lo so e, in fondo, credo lo sappia anche lui: non è davvero divertito. È solo rassicurato. Dai tormentoni del Drive-in, dagli sketch di Mai dire Gol che guarda in loop su Youtube, dall’ironia usa e getta del piccolo schermo. Acciambellato come un gattone sulle braci tiepide della nostalgia.

Caro Zio Adalgiso. Se tu esistessi davvero (e non fossi solo una figura immaginaria inventata quattro righe fa) te lo direi chiaro e tondo: quella roba è come te. Tenera e fuori dal tempo.

I Social Media hanno cambiato il modo in cui comunichiamo e ci relazioniamo con gli altri. E anche il modo in cui ridiamo.

 




Ridere è sempre stata una delle attività umane più diffuse.
E lo è ancora oggi.
Una prova? Osserviamo questo real-time tracker delle Emoji più usate su Twitter.



Non vi sembra indicativo che la più usata sia la “faccina che ride fino alle lacrime“?
[Non a caso, la stessa Emoji che l’ Oxford Dictionary ha nominato “Parola dell’Anno 2015” ].



E non è altrettanto indicativo che più del 70% delle persone guardi video on-line per farsi due risate?

I brand, ovviamente, sono sempre più interessati all’evoluzione dello humour. 
Perché ridere insieme crea un forte legame affettivo.



E perché l’ironia è una strategia sicuramente efficace per interagire con Millennials e Gen-Z.

Al punto che perfino settori storicamente poco vicini al tema iniziano a comprendere il potenziale di un LOL.



Bene: queste erano le buone notizie. Le cattive?
Far ridere è una faccenda seria.
Non è mai stato semplice, non lo è nemmeno sui social.

Non ci sono formule magiche, ricette segrete e modelli validi tutte le stagioni.
Come fare, quindi, a colmare il divario tra ciò che faceva ridere Zio Adalgiso e ciò ci fa ridere oggi?

Lo scopriamo dopo il pre-roll:



 

I pre-roll “unskippabili” GEICO ci ricordano una cosa: i principi dell’ironia sono sempre gli stessi.
Bisogna solo adattarli al nuovo contesto.

– Un esempio? Il bravo comedian si riconosce ancora dai “tempi comici” giusti. 

I social media hanno diffuso l’attitudine a commentare in modo caustico i topic più caldi.
Le persone sono veloci e reattive, è importante stare 3 passi avanti a loro.
E ricordare che “in tempo” è meglio che “elaborato“.

A MoonPie bastano 5 caratteri – di cui 3 per il LOL – per vincere facile.


Non c’è tempo di aspettare la fine della barzelletta: oggi funziona un’ironia più veloce e dritta al punto.

– Essere in sintonia con il pubblico è ancora fondamentale?




Yeah. Specie perché la distribuzione per target dei contenuti permette di dare un tocco più “personale” alla comicità.
Un esempio pratico? Gli inside jokes.
Sui social un messaggio ironico e diretto a una ristretta cerchia “di iniziati” funziona alla grande.



Non è più necessario che l’ironia sia comprensibile a tutti se può essere utile lavorare su audience ristrette.

Wendy’s e Wingstop, ad esempio, hanno ingaggiato una ironica rap battle citando Kendrick Lamar e i Migos.

 

(A chi serve la punteggiatura quando hai il flow?)


Magari qualche over-40 si sarà sentito escluso dal giochino ma strizzare l’occhio ai più giovani ha fruttato 9 milioni di impressions. Azzardo ampiamente giustificato.

Spesso, a essere ironico, non è nemmeno il contenuto in sè ma è il semplice atto di comunicare quel contenuto.
La scelta “troll” di KFC è un tripudio di auto-ironia social. Per lanciare le nuove patatine fritte, KFC ha deciso di sponsorizzare i commenti più critici dei consumatori. E poi, come se non bastasse, li ha trasformati in Outdoor.



– Quindi gli inside jokes sono il Santo Graal dello humour social?
Non sempre.
In certi casi sì. Altre volte, vale ancora la pena di provare a parlare “a tutti“.

Facendo leva sul nostro essere umani, su insight universali, su ciò che ci accomuna in quanto specie.
Dato che, stringi stringi, restiamo le care e vecchie scimmie di sempre.



Essere divertenti con verità non-evidenti (i grandi insight) può rendere virale il contenuto.

Esempio pratico: “avete mai notato che nelle pubblicità le persone hanno sempre i vestiti puliti?
Tide l’ha fatto. E ha vinto il Superbowl.
Coinvolgendo attivamente gli utenti, che hanno reso #ItsATideAd topic #2 del giorno (il primo era, beh, il Superbowl).



Del resto, i Meme non sono forse il primo tentativo su scala globale di creare una comicità universale?
Allenatevi a ridere sui social in tutte le lingue del mondo, mentre ci riflettete.


– Ma se la ripetitività è alla base dei meme, ripetersi è un errore tremendo.


Anche una buona barzelletta la seconda volta non fa più ridere.
Con buona pace dei Tele-tormentoni, stile Zelig e Gialappa’s Band, semplicemente oggi è tutto così veloce che non c’è tempo di far “sedimentare” una battuta.

L’ideale, oggi, è trovare un Tone of Voice unico, che gli utenti possano associare immediatamente al brand.



L’approccio ironico di Old Spice, ad esempio, è così originale e fresco da poter essere declinato in mille modi.
Permette di parlare degli aspetti distintivi del brand conservando sempre un’identità riconoscibile.
Anche quando è criptico.


– Infine, essere divertenti oggi non significa essere superficiali.


La Rivoluzione Kaepernickiana di Nike ha dimostrato che i brand, al tempo delle Piattaforme Social possono (devono?) schierarsi su grandi temi, abbracciare valori, promuovere idee a volte scomode.
Perché le persone amano questo impegno. Se lo aspettano, sempre più.

Quindi, forse anche il futuro del Branded Humour sarà una via di mezzo tra una giuliva spensieratezza e un impegno su temi importanti per la propria audience. Un approccio su cui Dollar Shave Club sta costruendo la sua fortuna.



E per questo TG WAS è tutto.

Lasciamoci pure, ma con il sorriso: come bonus track, ecco la pagina de Lo Sgargabonzi.
Esempio concreto di ironia “made in Facebook” dietro cui si cela un autore geniale, dadaista e decisamente provocatorio. Definito “il miglior scrittore comico italiano” in un recente saggio apparso su Internazionale.

Non sono certo che piacerebbe allo zio Adalgiso, ma, come dire, a ciascuno il suo.