La voce social dei brand: tra cinema e game

Innovazione

Quasi ogni giorno sentiamo parlare di voice technology. Ancora di più nelle ultime settimane, da quando Amazon ha introdotto Alexa in Italia. Chi si occupa di comunicazione, ha imparato a conoscere queste tecnologie da tempo, ma la presentazione dei nuovi device Amazon Echo ha stimolato la curiosità dei non addetti ai lavori. I prodotti Echo affiancano gli hardware Apple HomePod e Google Home come principali supporti fisici dedicati all’interazione voice.



Queste piattaforme sono ancora in una fase embrionale, per fare un paragone potremmo paragonarle a Facebook verso la fine del 2006: ricchissime di potenziale, accessibili a tutti, ma con un bagaglio importante di dettagli ancora da consolidare. Tra questi, le modalità di interazione, di scoperta del contenuto, di monetizzazione, di conversazione. Intendiamoci: si tratta di aspetti che sono già chiari per le principali piattaforme, come Alexa, Siri e l’assistente di Google, ma che lasciano intravedere evoluzioni (anche sostanziali) nel giro di poco tempo. Proseguendo il parallelo, nel 2006 Facebook non aveva le pagine di brand, era una piattaforma desktop, principalmente testuale e non esisteva il news feed.
L’interesse delle persone è evidente e l’interesse dei brand si muove in parallelo: come potranno le marche utilizzare questi canali per raggiungere le persone in modo interessante, utile e coinvolgente?

Le story e i post, i formati social più utilizzati da brand e persone hanno modificato il modo in cui le marche entrano in contatto con le persone. Non più pochi contenuti ripetuti, ma una relazione continuativa basata su un approccio editoriale.

La tecnologia voice potrà essere parte di questo modo di concepire i contenuti. Le “skill”, capacità che permettono ad Alexa di svolgere compiti e attività, potranno essere sviluppate dai brand e potranno avere un contenuto rilevante in base al contesto, aggiornato costantemente dal brand.

La differenza sostanziale è l’attivazione del contatto. Per story e post sono i brand ad attivare la conversazione, presentando contenuti rilevanti per le persone grazie al targeting dei messaggi. Per la tecnologia Voice, sono le persone ad attivare l’interazione sulla base di esigenze specifiche. La domanda “Alexa, quali sono le ultime notizie?” abilita il contenuto aggiornato di Sky TG24, de La Repubblica o della fonte impostata come preferita, ad esempio.Ci sono differenze anche nel targeting. Nel caso di post e story, le piattaforme agiscono come intermediari che permettono di raggiungere persone in base ai loro interessi. Nel caso di voice, invece, la parte principale del targeting può essere fatta dal singolo skill quasi esclusivamente sulla base delle interazioni precedenti. In altre parole, lo skill del brand non riceverà da Alexa informazioni sui gusti dell’utente, ma potrà imparare giorno dopo giorno dalle risposte e dalle domande.

Anche l’aspetto conversazionale è differente. Per Alexa è più simile alle stories: la persona può interagire con lo skill, così come può commentare le story, ma questi contenuti non sono pubblici. Diversamente da ciò che accade per i commenti ai post, accessibili non solo al brand, ma in modo trasversale a chiunque partecipi alla conversazione.

L’ascolto delle persone rimane fondamentale in tutti i casi. Per voice, permette di aggiornare costantemente gli skill in modo che siano rilevanti per chi le utilizza, mentre per post e story, consente di produrre nuovi contenuti più allineati ai temi importanti per le persone.

Per fare un parallelo, se story e post sono il cinema, allora le tecnologie voice potranno svilupparsi come video game, in cui la comunicazione, il messaggio e il targeting sono affidate a una serie di interazioni anziché a una narrazione lineare.

Considerato il funzionamento attuale delle skill, è soprattutto l’aspetto funzionale ciò che spinge le persone ad attivare un’interazione: voglio conoscere le notizie, ascoltare una canzone o chiedere un’informazione. Ma il contenuto sarà sempre più rilevante anche al di là della pura interazione per svolgere un singolo task, come mostrano già i primi esperimenti di Purina, Tide, Johnnie Walker e Patrón.

Nonostante le differenze superficiali, l’aspetto editoriale costituisce il denominatore comune di queste piattaforme. Il futuro di voice è ancora pieno di possibilità ed è tutt’altro che definito in modo certo, ma lascia intravedere un potenziale interessante per i brand. Le marche, infatti, potranno utilizzare queste tecnologie come uno degli elementi di una strategia pensata per raggiungere le persone nelle modalità e con i contenuti per loro più rilevanti nei momenti più adatti.

La tecnologia voice è un’altra area in cui i brand potranno essere parte della società, contribuendo alle conversazioni di una community con modalità nuove e costruendo, con ogni interazione, la propria identità agli occhi delle persone.