THANK GOD WE ARE SOCIAL #392

Thank God We Are Social
stefano.cucinotta

Beh, direi che ci siamo.


Ieri era settembre e oggi siamo in piena corsa ai regali tra luminarie, nuvole di fiato e feste aziendali. Siamo arrivati alla fine dell’anno.


Gli inizi, quelli sono una rottura di palle, ma le fini sono belle, hanno sempre quella sfumatura epica. Si tirano le somme, alla fine. Si fanno le statistiche e gli articoli come questo.


Solo che qui a finire non è solo il nostro calendario di Frate Indovino, ma il nostro pianeta, così come lo conosciamo. Togliamoci subito dall’imbarazzo: è colpa nostra. Non può che essere altrimenti.


Nessun altro essere vivente avrebbe potuto ingurgitare tutte le risorse utili, ruttare forte e buttare la carta fuori dal finestrino. Noi ci siamo messi d’impegno e lo abbiamo fatto.



Eppure, in questo silenzioso scenario apocalittico, che perlopiù passa inosservato, c’è un rumore di fondo, un’anomalia. Qualcuno o qualcosa che sembra remare contro, che non distrugge ma – attenzione! – cerca di fare qualcosa di buono. Glielo dite voi, a questi, che non si rammendano più neanche i calzini? Figuratevi un pianeta.


Facciamo un applauso a chi sta cercando di salvarci il culo.



Iniziamo dai soliti noti. Quando diventi una star milionaria o ti ritrovi seduto in cerchio nel miglior rehab del Paese oppure scegli una causa da supportare e diventi dio. Mr. Di Caprio al momento finanzia qualcosa come 65 diverse associazioni. La sua bambina preferita però è la Leonardo Di Caprio Foundation, attiva da vent’anni per supportare progetti per il benessere del pianeta, dall’ambiente all’inquinamento, passando per salvaguardia della fauna e difesa dei diritti indigeni. Ricordiamo che Leo è stato il primo attore hollywoodiano a guidare una Prius ibrida (uno dei primi brand al mondo a investire nel 2016, in una campagna Facebook e Instagram), ha un attico in un grattacielo sostenibile e ha scritto e prodotto i magnifici L’undicesima ora e Before the flood.



Il buon vecchio Brad Pitt, appassionato a tempo perso di architettura, ha fondato la sua Make it Right Foundation, che progetta e costruisce prefabbricati di qualità, totalmente sostenibili, ampiamente usati in situazioni di forte emergenza tipo il post-Katrina.



Matt Damon è impegnato soprattutto sul fronte dell’acqua (pulita). Qualche mese fa ha costruito per water.org una campagna/esperimento sociale in cui alle persone in alberghi, bar, posti di lavoro è stato negato l’accesso all’acqua. Più o meno quello che succede dall’altra parte del mondo a 663 milioni di persone. In un solo anno, grazie anche alla collaborazione con Stella Artois e a un progetto sui piccoli prestiti, Damon ha offerto acqua pulita e potabile a 10 milioni di persone.



Ce ne sono tante, di celebrities che donano, creano, fondano. Fatevi un tour, ma risparmiatevi quell’espressione, lo so a cosa state pensando: con tutti quei soldi, facile cambiare le cose. Ed è in questo momento dello spettacolo che i ragazzini fanno il loro ingresso sul palcoscenico. Avanti, ragazzi, come a scuola.



Lei è Maya Penn, e a 8 anni ha lanciato una collezione di accessori eco-compatibili. Ora di anni ne ha 17, tiene speech nei TED Talks di mezzo mondo, scrive libri e ha lanciato un progetto di creazione e distribuzione di assorbenti non tossici (in tessuti naturali, lavabili fino a 300 volte) nei Paesi in via di sviluppo dove le mestruazioni sono ancora causa di disagio e segregazione (nonché di cicliche assenze scolastiche).



Rachel Parent è un’attivista diciannovenne: a 15 anni ha fondato Kids Right to Know, un’associazione canadese che si oppone ferocemente agli OGM, e ne richiede una specifica etichettatura (attualmente inesistente in Canada). Una battaglia mediatica tra presentatori TV che chiamano gli attivisti di KRTK “Just stupid”, canali social hackerati, e botta e risposta al fulmicotone. Rachel, al momento, se l’è cavata bene.



Lei invece è Mikaila Ulmer. È stata punta un paio di volte, mentre fondava la startup “Me & The Bees Lemonade per la salvaguardia delle api. Recuperando una vecchia ricetta della nonna, Mikaila ha di fatto messo sul mercato una limonata che usa il miele come edulcorante, al posto dello zucchero. Sembra una cosetta da poco, vero? E invece rimettere gli insettini ronzanti al centro di un nuovo business negli Stati Uniti è stata una manna. Ripetiamo tutti in coro la lezione di zio Alberto: se tutte le api sparissero in questo istante, ci resterebbero circa 4 anni di vita.



In ogni buon film di fantascienza, la tecnologia è fondamentalmente la nostra nemica numero uno. Entra nelle nostre case e nelle nostre teste, e nelle interpretazioni più frizzanti tende sempre a spazzarci via dalla faccia della Terra. Eppure un paio di nuove implementazioni tecnologiche potrebbero salvarci le chiappe almeno per qualche anno.



Nel 2050 si prevede che gli oceani conterranno più plastica che pesci. Difficile pensare a un intervento umano che possa sistemare 360.700.000 km2. E se fosse l’oceano stesso a autopulirsi? Booom. Ci hanno pensato i ragazzi di The Ocean Clean Up, un progetto lanciato circa un anno fa, che mira a raccogliere fino a 5 tonnellate di plastica al mese (il 50% della plastica in 5 anni, il 90% entro il 2040): essenzialmente un tubo di 600 metri, a forma di C, capace di risucchiare scarti di plastica a partire da 1cm, schivare i pesci, farsi “vedere” dalle altre navi di passaggio e preparare un buon espresso. Il tutto brevettato da un diciottenne olandese, Boyan Slat. Io a 18 anni cercavo di sconfiggere l’acne.



Sono poi ormai leggendarie le Testla Solar Roof. Il buon Musk, da filantropo qual è, qualche anno fa si è posto una domanda: perché i tetti con pannelli solari devono per forza essere brutti? Da cui la brillante soluzione, ossia rendere i pannelli… tegole. I risultati estetici sono fenomenali (le superfici sono simili al cotto toscano, all’ardesia e altri materiali con nomi fantastici), e in 20/30 anni di utilizzo il risparmio energetico/economico è enorme. O almeno così dicono oltreoceano, perché per qualche misterioso motivo in Italy non s’è visto ancora nulla e la “prenotazione” del prodotto costa 930€ (scalabili però dall’installazione finale).


Aggiornamento dell’ultim’ora: l’ottimo Elon ha appena ultimato i test nel tunnel sotterraneo a Los Angeles. Quasi due km di prototipo, per sbrogliare in modo sostenibile il traffico delle megalopoli: aperto a ogni veicolo elettrico, aggancerà i mezzi a un carrellone ultrarapido che le porterà all’uscita a 200 all’ora (anche se i veicoli di passaggio dovranno avere feature di guida autonoma). Non ancora confermati i “passaggi” ai pedoni.



Avete detto bottiglie di plastica? Esatto, quelle sono il male. Solo negli Stati Uniti, ne vengono gettate nell’oceano 38 miliardi ogni anno. Anche per questo motivo un team londinese ha sviluppato Ooho! una bottiglia d’acqua… senza bottiglia. In pratica è una blob sfera di acqua potabile chiusa in una membrana trasparente completamente commestibile. Dura fino a sei settimane, poi si decompone e ciao. Rimangono da sistemare un paio di problemi legati al trasporto soprattutto su lunghe distanze, ma la buona notizia è che una bubble ha un costo di produzione di solo 2 cent.

Se non ne avete abbastanza, e caspita non dovete averne MAI abbastanza, qui trovate un buon elenco di aggeggi salva-mondo.



Rimane un ultimo, minuscolo punto: cosa possiamo fare noi. SPOILER: non si tratta di prenderci per mano e cantare in cerchio. Qui le top ten si sprecano e sembrano ricche di banalità, quindi alla fine finiamo per non fare nulla e ci tocca danzare sotto la cupola della Cappella Sistina che viene giù a coriandoli. Ci siamo capiti.


Se ora siete carichi di nuovi propositi, non perderei l’occasione di valutare un nuovo ruolo lavorativo. Si dice che quando si ama il proprio lavoro non si lavori neanche un giorno, immaginatevi se lo amate MENTRE diventate dei maledetti eroi. Ecco qui un po’ di alternative per aggiornare il CV.



Vi lascio ai preparativi. Chiudiamo un altro anno. Lasciamo un pianeta caldo e affaticato, con 36 conflitti aperti, 821 milioni di affamati, un miliardo di migranti, gli oceani pieni di plastica. Stiamo con il naso all’insù, a fissare i fuochi d’artificio, dimenticando che nell’universo i fuochi di artificio siamo noi. Intorno c’è un sacco di buio. Una luce ogni tanto non fa male.