THANK GOD WE ARE SOCIAL #411
3 Maggio 1993: l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dichiara il 3 maggio “Giornata internazionale per la libertà di stampa” per celebrare l’anniversario della Dichiarazione di Windhoek e rendere omaggio a tutti coloro che hanno dato la loro vita per cercare di raccontare la verità.
26 anni (e un giorno) dopo: il mondo è cambiato. La comunicazione è diversa. La stampa è diversa. I mezzi sono diversi.
Cosa significa quindi “libertà di stampa” nel 2019?
Forse la risposta ce la fornisce direttamente il World Press Freedom Day 2019 svoltosi ieri, una giornata dedicata a indagare il tema della disinformazione.
Ma cosa intendiamo con disinformazione nel 2019?
Parliamo di mancanza di informazioni o di eccesso delle stesse? Probabilmente la seconda.
E da qui la battaglia più importante che il giornalismo sta combattendo oggi: la salvaguardia della verità.
Condividere storie false sembra più facile e spesso anche più interessante.
Per comprendere l’entità del fenomeno basti pensare che anche Facebook, ormai avamposto digitale di moltissimi giornali ed editoriali, ha quadruplicato il numero di partner specializzati in fact checking.
In tempo di fake news, “politica qwerty” e clickbaiting, in che modo i mezzi di informazione, da sempre atterraggio pubblicitario e quasi mai cabina di comando dell’advertising, hanno reagito per difendere il valore della verità?
Forse hanno fatto tesoro di un principio magistralmente sintetizzato nel 1973 da Giorgio Gaber e Sandro Luporini: “Libertà è partecipazione.”
Come infatti vedremo nelle più recenti campagne, un tema accomuna i messaggi di alcune delle più importanti testate d’oltreoceano: la necessità di partecipare informandosi. Liberamente.
Proprio grazie a una campagna dell’Unesco, per il World Press Freedom Day 2018, oltre trenta tra i giornali più importanti al mondo hanno messo da parte differenze ideologiche e qualsiasi forma di competizione e si sono uniti per dire al loro pubblico di leggere, ascoltare e guardare.
Ovunque, comunque.
Semplicemente per promuovere una società meglio informata e quindi un mondo migliore.
Tra le numerose testate sopra elencate una più di tutte negli ultimi anni si è però impegnata per sottolineare il valore della verità: il New York Times.
Negli ultimi anni, grazie alla campagna di brand “The Truth Is Hard”, ha dimostrato come la verità sia difficile.
Da trovare, da conoscere, da condividere, da accettare.
Ma il NYT non ha fatto solo questo, grazie alla serie “The Truth is Worth It” ha indagato alcuni tra i temi più importanti al mondo, dichiarando apertamente il proprio irremovibile commitment.
Alla ricerca della verità, senza paura.
Per altri video: qui
Reporters without borders invece ci presenta i danni causati dai “fake”, qualsiasi essi siano.
Ma tengono a ricordarci che l’unica vittima delle fake news è solo una ma di inestimabile valore: la democrazia.
Cosa succede se in Finlandia atterrano Trump e Putin, i due presidenti rispettivamente a capo dei paesi al 45° (USA) e 148° (Russia) posto nel Reporters Without Borders World Press Freedom Index?
Helsingin Sanomat, il giornale più venduto nei Nordics ha avuto le idee abbastanza chiare.
I presidenti hanno trovato una città tappezzata di billboards che mostravano headlines dedicate ad indagare l’operato dei capi di Stato, pubblicate dal giornale stesso tra il 2000 e il 2018.
Un “benvenuto” nella terra della libertà di stampa:
E a proposito di libertà c’è una messaggio, o meglio una voce che The Times vorrebbe farvi sentire:
Quindi trovate la vostra voce e raccontate la verità, soltanto la verità.
Perché mai come oggi è importante.