THINK FORWARD 2022 TREND 3: PRIME TIME PLATFORMS
Abbiamo da poco lanciato “Think Forward 2022: Brave New Worlds”, la nostra ricerca annuale che esplora i trend di comportamento che influenzeranno la comunicazione dei brand nei prossimi 12 mesi. Questo post racconta la terza delle cinque tendenze identificate: Prime Time Platforms. Per saperne di più, puoi leggere “Think Forward 2022” qui.
Ci sono due cose che sono state considerate storicamente un po’ “la fine” dei media tradizionali per come eravamo abituati a intenderli.
- La prima sono i servizi di streaming video on demand. Voi starete pensando a Netflix, Amazon Prime Video e poi tutta la pletora di abbonamenti che siete costretti a sottoscrivere per non perdervi *proprio niente*. Io stavo invece pensando a TiVo – che credo fosse il primissimo videoregistratore digitale – e a quelli che su Twitch gli streamer chiamano VOD (che sta banalmente per “video on demand”).
L’idea di avere accesso a intrattenimento video senza dover sottostare alla programmazione delle emittenti TV ha cambiato la maniera di consumare quell’intrattenimento. C’è stato un tempo in cui ci si “sintonizzava” tutti insieme per guardare la stessa cosa nello stesso momento (mi ricordo questa scena di Gallo Cedrone in cui Verdone partecipa al quiz “Motori e dintorni” e al bar sono tutti seduti a guardare). E poi è arrivato lo streaming. E ha cambiato tutto. O forse no? - La seconda ‘cosa’ sono i social, che hanno radicalmente democratizzato l’accesso alla conversazione pubblica sui momenti topici, sugli avvenimenti e – soprattutto – su quello che succedeva sui media tradizionali (in particolare in TV). Tutto a un tratto non solo non c’era più ✨LA REDAZIONE✨ a decidere chi veniva interpellato, chi poteva partecipare alla diretta, ma la diretta ERA SUI SOCIAL. E chiunque era opinionista non pagato per dire la propria su Twitter.
Per un periodo abbiamo assistito al tentativo di arginare e controllare queste conversazioni spontanee e laterali con i classici “tweet selezionati” (i più attenti ricorderanno quel capodanno con Rocco Papaleo). Il Sanremo di quest’anno ha dimostrato come gli argini siano stati abbondantemente sfondati e Twitter sia diventato parte della televisione, cambiandone le logiche e scrivendone anche in parte il copione (non avremmo sentito ripetere ossessivamente “papalina” né “Fantasanremo”, altrimenti). Insomma, i social hanno cambiato le meccaniche dell’intrattenimento live per sempre. O forse no?
In entrambe queste descrizioni, in questi accenni di approssimativa ricostruzione della storia recente ci sono delle generalizzazioni e la verità, o almeno quello che pensiamo di aver scoperto nel Think Forward di quest’anno, è che questi cliché sull’evoluzione dei media non sono accurati: le modalità di consumo dei media tradizionali non sono sparite, né sovrascritte. Semplicemente sono state re-immaginate per piattaforme nuove.
Il successo del programma di eventi che ha animato Fortnite (vi ricordate il concerto di Travis Scott?) è il primo indizio del fatto che l’intrattenimento live è, come si suol dire, “alive and kicking” anche se in questa sua forma che forse adesso chiameremmo “immersiva”. L’altro indizio è il successo delle live su Twitch e TikTok (dove, solo in Italia, si trovano milioni di persone ogni giorno – e ogni notte) e che, personalmente, trovo somigli molto all’età dell’oro delle reti locali (cito Umberto Smaila e Marco Predolin, giusto per non smentire la mia aura di fan del trash anni ‘80).
Sempre più spesso i social sono un primo schermo e stanno diventando, in alcuni casi (Youtube e TikTok su tutti) strumenti di consumo di elezione per forme di intrattenimento tutto sommato tradizionali. Strumenti che sono abbastanza chiaramente, quindi, in competizione con i media (tradizionali e non).
Uno studio commissionato da TikTok sostiene che, da quando hanno scaricato l’app, il 35% degli utenti dichiara di aver guardato meno TV e streaming. Il che suggerisce che, appunto, TikTok sia un competitor di Netflix, più che di Instagram. Anche per questo iniziano a esistere formati di intrattenimento “made-for-social”.
Ne abbiamo prodotto uno anche noi di WAS. Con Fondazione Vodafone, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, lo scorso 25 novembre, abbiamo fatto leva su questo trend dell’intrattenimento social-first per creare awareness su un dato che testimonia di quanto lavoro ci sia ancora da fare per eradicare la violenza di genere: 8 storie su 10 di violenza sulle donne non vengono raccontate.
Otto su dieci è una serie TikTok creata in partnership con 4 creator: Zof (Sofia Pannilini), Roberta Zacchero, Valeria Vedovatti e Daniele Davì (in collaborazione con Matilde Santantonio). Ciascuno degli episodi racconta una di quelle storie. La campagna di lancio di questa che 5 anni fa sarebbe stata presentata come una “web serie”, ha puntato (su vari touchpoint, dalla stampa, alla TV, agli OoH) proprio su (i) natura seriale del contenuto e (ii) esclusività social della distribuzione.
Come sta cambiando il comportamento delle persone?
Momenti “imperdibili” di intrattenimento avvengono in feed
Ormai è abbastanza assodato che alcune hit musicali “nascono su TikTok”. Non è esattamente il caso di Blinding Lights di The Weeknd, ma ecco, TikTok ha dato una mano a tenere il pezzo “in hype” per mesi. Per celebrare questo successo l’artista ha organizzato, in collaborazione con la piattaforma e Wave (un’azienda che si occupa di esperienze interattive live), un concerto che ha vissuto solo su TikTok. Durante l’esibizione i commenti della chat (2 milioni di utenti unici) diventavano parte dell’esibizione stessa sotto forma di visual.
Clubhouse, la piattaforma per solo audio live che è stata una hit durante la pandemia (e oggi sembra destinata a sparire) ha da subito centrato la propria “content proposition” su esclusività, FOMO e presenza live. Le room con Elon Musk che raggiungevano il limite di partecipanti sono state un po’ l’incarnazione di “momento imperdibile in-feed” mentre eravamo tutti bloccati in casa.
I commenti sui social cambiano le cose “IRL”
Nel luglio 2021, i creator neri di TikTok hanno indetto uno sciopero, rifiutandosi di creare una coreografia su “Thot Shit” di Megan Thee Stallion. Lo sciopero – una risposta alla censura dei creator neri – aveva l’obiettivo di sottolineare l’impatto che i creator neri hanno sulla cultura di TikTok e, quindi, sul successo della piattaforma.
Che ruolo possono avere i brand?
I brand possono collaborare con i “commentators”
“Love Island” è stato recentemente sotto i riflettori per non aver coinvolto a dovere i commentators del Black Twitter britannico. Lo show dipende in misura sempre maggiore dai commenti su Twitter (i rating dello show continuano a scendere, mentre l’engagement su Twitter aumenta). ITV, l’emittente, ha scelto di non agire, per usare un po’ di inglese, da “enabler” delle comunità che contribuiscono ad amplificare la portata dello show. Così danneggiando lo show e il brand.
I brand possono essere presenti in spazi di intrattenimento social-first
Marbella Vice è una specie di “soap opera virtuale” ambientata su uno dei server Grand Theft Auto V più famosi in Spagna. Il mondo è popolato da una quantità di calciatori e influencer spagnoli che giocano live su Twitch quasi tutti i giorni. KFC Spagna ha creato il personaggio del Colonnello Sanders e gli ha affidato un ruolo da “attore non protagonista” in questa fiction. Nel video che trovate come ultimo frame del carousel linkato lo vedete arrivare a bordo di una HUMMER.
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