THINK FORWARD 2022 TREND 5: NEW MATERIALISTS
Abbiamo da poco lanciato “Think Forward 2022: Brave New Worlds”, la nostra ricerca annuale che esplora i trend di comportamento che influenzeranno la comunicazione dei brand nei prossimi 12 mesi. Questo post racconta l’ultima delle cinque tendenze identificate: New Materialists. Per saperne di più, puoi leggere “Think Forward 2022” qui.
Fino a qualche anno fa non saremmo mai stati disposti a pagare per dei contenuti digitali: la nascita di piattaforme come Netflix o Spotify e la sempre maggior abitudine agli acquisti in-game nei videogiochi ha profondamente cambiato il nostro atteggiamento nei confronti di beni che da tangibili erano diventati volatili.
Acquistare oggetti digitali è un comportamento assolutamente normale per le generazioni più giovani, ad esempio per migliorare le performance o l’aspetto dei personaggi che usano nei videogiochi: più tempo si passa all’interno di mondi virtuali – come Roblox, Fortnite, Sandbox o Decentraland – tanto per citarne alcuni – più diventa importante “curare” l’immagine del proprio avatar digitale.
La “creator economy” è in continua evoluzione – e crescita – da diversi anni, ma è stata la diffusione degli NFT (Non-Fungible Token) a segnare un punto di svolta: la proprietà di ogni oggetto digitale può oggi essere certificata, così come l’identità. Fino a poco tempo fa i contenuti digitali erano, per loro stessa natura, replicabili e stabilirne il possesso era praticamente impossibile: questo li ha resi, per anni, privi di valore.
La possibilità per i creator di produrre e distribuire quantità limitate (e certificate) delle loro opere digitali ha cambiato le regole del gioco: la scarsità genera valore, esattamente come nel mondo “reale”.
Ci troviamo in una fase in cui la notorietà degli NFT sta crescendo rapidamente, ma la loro adozione non è ancora di massa (l’8% delle persone che usano social media ha investito in NFT): ci troviamo in una fase di studio di un fenomeno nuovo, che ha potenzialmente tantissime tipologie di applicazioni, ma che necessità di tempo e sperimentazione per essere veramente compreso e sfruttato al meglio.
Le community di early adopter stanno guidando questa fase e stanno aiutando un pubblico sempre più ampio a capire un po’ meglio la direzione verso cui stiamo andando: se il web3 oggi è più una promessa – o un concetto – che un qualcosa di reale, NFT e blockchain sono invece qualcosa di tangibile, che stanno già avendo un impatto sui nostri comportamenti e sul modo in cui percepiamo la nostra vita sempre più legata a mondi virtuali che si intrecciano con quello reale.
La possibilità di certificare il possesso di un bene digitale, unita alla crescente importanza della nostra presenza in mondi virtuali (e della nostra immagine in questi mondi), sta “normalizzando” l’acquisto di asset intangibili in maniera molto più rapida di quella che ci si potesse aspettare solo qualche mese fa.
Se fino a ieri – spesso – l’acquisto di un Rolex o di una Ferrari definiva lo status di una persona, oggi l’acquisto di una borsa Gucci in Roblox o di uno yacht virtuale pagato 149ETH (circa $650.000) in Sandbox diventano veri e propri status symbol, così come l’utilizzo di una Bored Ape come immagine profilo sui propri canali social “tradizionali”: sono decine gli artisti e le celebrità che ne hanno acquistata una – o più d’una – e che testimoniano l’adesione a una determinata community.
Si tratta di comportamenti sempre più normali e assimilabili a quelli legati all’acquisto di oggetti tangibili: 1 persona su 3 appartenente alla Gen Z ha acquistato skin, abbigliamento o accessori per il proprio avatar. Non è un caso che la maggior parte dei brand a esplorare questi nuovi mondi fin da subito appartengano al mondo della moda (da Gucci a Balenciaga, da Louis Vuitton a Ralph Lauren, tanto per citarne solo alcuni).
Da sempre il mondo della moda ha fatto leva sulla volontà delle persone di identificarsi, di mostrare la propria adesione a determinati valori e a distinguersi proprio mostrando accessori o abiti legati a brand che incarnassero tutto questo.
Sempre più spesso questo però riguarda anche altri settori (ad esempio l’elettronica di consumo – pensiamo alla capacità di Apple, da sempre, di creare delle community attorno ai propri prodotti e al proprio brand – o all’automotive, ma anche a mercati in cui i prodotti non sanciscono alcuno status sociale, ma solo l’adesione ad alcuni valori – e qui è significativo l’esempio di Red Bull): tutto questo accade anche con la proprietà digitale, che viene sempre più spesso usata come un modo per segnalare ciò in cui si crede, mostrare alle persone ciò che si ama e dare voce alle comunità di cui si fa parte.
Come sta cambiando il comportamento delle persone?
Il Real Estate nel metaverso è già molto più di un trend.
All’inizio del 2021, l’artista Krista Kim ha venduto per più di $500.000 una casa virtuale accessibile attraverso la piattaforma di realtà virtuale Spatial, o lo yacht citato poco fa, venduto su Sandbox a più di $650.000.
La monetizzazione della condivisione.
Per anni non ci siamo mai chiesti chi ci fosse dietro alla creazione dei meme che stavamo condividendo – e probabilmente continuerà ad essere così: la possibilità di certificare la proprietà di contenuti digitali permette però oggi di monetizzare anche per chi crea questo tipo di contenuti (come successo ad esempio per il meme “Disaster Girl” o per il primo tweet condiviso da Jack Dorsey – fondatore di Twitter – e venduto a un uomo d’affari malese per $2.9 milioni – in entrambi i casi le somme raccolte sono state devolute in beneficenza).
L’autenticazione delle opere sta (finalmente) affermando artisti digitali.
La certificazione che gli artisti digitali siano oggi considerati artisti a tutti gli effetti è avvenuta quando le loro opere sono state battute da case d’aste tradizionali – come Sotheby’s – per cifre stratosferiche anche confrontate con quelle necessarie per acquistare opere “tradizionali”. Il lavoro degli artisti digitali va oltre alla sola creazione dell’opera stessa, e allarga il suo perimetro nella capacità di creare e nutrire community sempre più forti e legate agli artisti che scelgono di seguire.
Che ruolo possono avere i brand?
I brand possono estendere la proprietà fisica dei loro prodotti anche nel mondo digitale.
Cryptokicks, ad esempio, è un brevetto depositato da Nike per aiutare gli sneakerheads (gli appassionati che collezionano sneakers) a certificare l’autenticità e la proprietà delle scarpe che acquistano: insieme alle sneakers fisiche viene infatti rilasciato un NFT legato a quel singolo paia di scarpe .
I brand possono contribuire ad avvicinare le persone a questi nuovi mondi e far loro stessi parte di community già esistenti.
adidas ha collaborato con Bored Ape Yacht Club, gmoney e PUNKS Comic per creare insieme una linea di abbigliamento virtuale che le persone possono acquistare sotto forma di NFT e usare per “vestire” i propri avatar. Into The Metaverse – il nome del progetto a lungo termine lanciato da adidas – prevede, tra le altre cose, anche un atterraggio nel mondo fisico, con una collezione dedicata a coloro che avranno acquistato gli NFT.
La collaborazione tra brand e creator può supportare cause importanti.
I pezzi della collezione di NFT ‘Sunrise Red‘ di ASICS sono tutti stati creati in collaborazione con giovani artisti digitali. I ricavi vengono poi reinvestiti nel programma Artist-In-Residence del brand, finanziando così la prossima generazione di artisti digitali.
Se vuoi saperne di più su New Materialists puoi approfondire leggendo il nostro report Think Forward 2022: Brave New Worlds qui.