Seminare vs "Seeding"

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Avete presente i “false friends”, quelle parole inglesi che ingannano la maggior parte dei ragazzi delle medie e del liceo perché sembrano un’altra parola italiana? Ad esempio “actually” che sembra “attualmente”, “firm” che  sembra “firma”, “morbid” che sembra “morbido” o “vacancy” che sembra “vacanza”.
La novità è che siamo riusciti a crearne uno nuovo (almeno sul mercato italiano). Però un po’ diverso: infatti non crea confusione perché ha un suono simile alla parola italiana. Crea confusione perché, tradotto, vuol dire l’esatto opposto di quello che è.
Lo avete letto nel titolo: seeding. Seeding è una parola che letteralmente significa “seminare”, “piantare”. Tradotta letteralmente, è un’espressione che indica come un’azione di oggi sia la base per qualcosa che cresce, si sviluppa e fiorisce.
Seeding però – sui social media – viene sempre più spesso usato per indicare un’attività lontana dalla “semina” e con una prospettiva molto più breve. Seeding viene utilizzato per indicare l’azione continuativa di chi “sparge” (e quindi non semina) il proprio contenuto sulla rete. A volte anche in modo “non trasparente”, spacciandosi per altri utenti o impersonando improbabili fanatici del contenuto diffuso.
Esistono invece sul social web delle attività che “seminano” per costruire e che – come potete notare – non sono attività di “seeding”. Attività che, grazie all’impegno di molti, “piantano” oggi il presupposto per qualcosa che crescera e si svilupperà. Penso (per citarne due e evocarne molte) a iniziative come Pepsi Refresh, che costruiscono idee per migliorare il mondo (a prescindere dalla “purezza” dell’intento), a attività di “crowdfunding” come kiva.org in cui molti utenti danno un contributo anche piccolo a progetti di sviluppo o semplicemente a tutte quelle strategie e azioni (anche di marketing e comunicazione) che hanno il loro valore nella costruzione, anche nella costruzione di un significato.
Una marca che costruisce attraverso la conversazione un rapporto con i propri consumatori basato sul valore non sta facendo “seeding”. Sta seminando.
Vi è capitato di incrociare iniziative di “seeding”? Avete mai partecipato, invece, alla “costruzione” di qualcosa sul social web, anche ad esempio un significato o un’idea?

Avete presente i “false friends”, quelle parole inglesi che ingannano la maggior parte dei ragazzi delle medie e del liceo perché sembrano un’altra parola italiana? Ad esempio “actually” che sembra “attualmente”, “firm” che  sembra “firma”, “morbid” che sembra “morbido” o “vacancy” che sembra “vacanza”.

La novità è che siamo riusciti a crearne uno nuovo (almeno sul mercato italiano). Però un po’ diverso: infatti non crea confusione perché ha un suono simile alla parola italiana. Crea confusione perché, tradotto, vuol dire l’esatto opposto di quello che è.

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Lo avete letto nel titolo: seeding. Seeding è una parola che letteralmente significa “seminare”, “piantare”. Tradotta letteralmente, è un’espressione che indica come un’azione di oggi sia la base per qualcosa che cresce, si sviluppa e fiorisce.

Seeding però – sui social mediaviene sempre più spesso usato per indicare un’attività lontana dalla “semina” e con una prospettiva molto più breve. Seeding viene utilizzato per indicare l’azione continuativa di chi “sparge” (e quindi non semina) il proprio contenuto sulla rete. A volte anche in modo “non trasparente”, spacciandosi per altri utenti o impersonando improbabili fanatici del contenuto diffuso. Queste attività, come le bugie, hanno molto spesso le gambe corte, non sono sostenibili eticamente e in generale non generano un ritorno in termini di coinvolgimento.

Esistono invece sul social web delle attività che “seminano” per costruire e che – come potete notare – non sono attività di “seeding”. Attività che, grazie all’impegno di molti, “piantano” oggi il presupposto per qualcosa che crescera e si svilupperà. Penso (per citarne due e evocarne molte) a iniziative come Pepsi Refresh, che costruiscono idee per migliorare il mondo (a prescindere dalla “purezza” dell’intento), a attività di “crowdfunding” come kiva.org in cui molti utenti danno un contributo anche piccolo a progetti di sviluppo o semplicemente a tutte quelle strategie e azioni (anche di marketing e comunicazione) che hanno il loro valore nella costruzione, anche nella costruzione di un significato.

Una marca che costruisce attraverso la conversazione un rapporto con i propri consumatori basato sul valore non sta facendo “seeding”. Sta seminando.

Vi è capitato di incrociare iniziative di “seeding”? Avete mai partecipato, invece, alla “costruzione” di qualcosa sul social web, anche ad esempio un significato o un’idea?