Crowdsourcing: cambiare grazie alle community
Il crowdsourcing, inteso come coinvolgimento di una community in un’attività di creazione, è molto diffuso tra le marche che desiderano interagire con le persone, raccogliendone gli input. La tipologia di crowdsourcing di cui si parla sempre più spesso è legata alla comunicazione: la community crea un’idea o un messaggio di cui il brand si fa portavoce. Naming di campagne di comunicazione, immagini per raccontare un concetto, packaging di prodotto: sono numerosissimi gli esempi di crowdsourcing in queste aree.
Esiste anche un livello di crowdsourcing diverso: in cui la community è chiamata a partecipare a un’attività di creazione che ha un impatto diretto sull’azienda. In questo tipo di attività la collaborazione tra le persone interne e esterne all’ecosistema aziendale, facilitata dai social media, consente di identificare nuovi prodotti, nuovi servizi e – in alcuni casi – nuovi modelli organizzativi. In We Are Social supportiamo le aziende anche nel’identificazione e nell’attivazione di community che hanno l’obiettivo di creare il cambiamento. L’esigenza di collaborazione con gruppi di persone (interne o esterne all’azienda) è sempre più frequente e ha impatti su tutte le aree aziendali.
Il processo di collaborazione varia in base al singolo caso, ma è possibile identificare una serie di step comuni per le aziende che desiderino coinvolgere le community in un progetto di crowdsourcing. Le fasi sono 3: pianificazione, implementazione e misurazione. Ecco come sono articolate:
Planning
- Stakeholder: i progetti di crowdsourcing con un impatto sull’azienda hanno quasi sempre bisogno della collaborazione di più aree aziendali. È fondamentale individuare un gruppo ristretto leader del progetto e coinvolgere tutte le aree su cui il processo può avere un impatto: marketing, comunicazione, HR, legal e prodotto sono tra le aree più frequentemente coinvolte, ma possono variare in base a azienda e progetto;
- Obiettivi: il secondo passo è delineare in maniera chiara, insieme agli stakeholder, quali siano gli obiettivi del progetto. Più si riesce a essere concreti in questo passaggio, più facile è misurare e ottimizzare l’attività successivamente;
- Strategia: dati gli obiettivi è possibile definire la strategia del progetto: il modo in cui verrà coinvolta la community, verranno ricavati gli insight e verrà implementato il cambiamento nel business dell’azienda. Non si tratta ancora di individuare l’aspetto tattico, realizzativo, ma piuttosto il “master plan”. In questa fase è decisivo identificare anche quale sia la “reason why” per chi sarà invitato a partecipare al progetto: quale reward (materiale o immateriale) aspetta le persone, che siano dipendenti o esterni all’azienda;
Implementazione
- Persone: l’asset principale della community sono le persone che possono attivarsi per ideare il cambiamento: nella selezione e nel coinvolgimento è importante individuare una leadership, che permette di stimolare il gruppo di persone ad approfondire i temi più vicini alla strategia community;
- Piattaforme: attraverso quali canali collaboreranno le persone coinvolte? In questa fase è utile ideare un’esperienza utente il più possibile integrata con i canali che utilizzano normalmente le persone coinvolte: i social network e gli strumenti di collaborazione a loro più affini. Va considerato anche il livello di controllo che sarà necessario mantenere rispetto alle informazioni: quale accesso avrà chi è fuori dalla community? Che informazioni saranno condivise con l’esterno e in quali fasi? La scelta del software o dei software richiede un’analisi approfondita e, se portata avanti efficacemente, può avere impatti estremamente positivi sulle performance del gruppo;
- Processi: definire come le persone, attraverso le piattaforme, collaboreranno tra loro. Questo è l’ultimo step di implementazione: è molto importante perché, riunendo persone con background professionali eterogenei, è necessario individuare un insieme di workflow che regolino la collaborazione, incoraggiando la creatività e la partecipazione. Essere trasparenti, anche in questo caso, è utile: condividere obiettivi in modo esplicito con la community favorisce il coinvolgimento personale;
Misurazione
- KPI e metriche: monitorare la performance della community consente di individuare i progressi rispetto l’obiettivo finale. Definendo KPI in linea con le esigenze del progetto è possibile tradurre l’effort della community in impatto economico dell’azienda: monitorandone l’investimento o l’ottimizzazione in modo costante;
- Analisi: gli input raccolti sono spesso grezzi e devono essere analizzati, specie quando si tratta di quantità di dati rilevanti o di dati qualitativi ricavati dall’osservazione da abbinare a informazioni ricavate dal dialogo diretto con le persone della community. È questa la fase in cui nascono gli spunti che permettono di avvicinarsi al raggiungimento dell’obiettivo definito inizialmente;
- Feedback: il risultato dell’attività genera un feedback che permette di adattare e migliorare costantemente il lavoro della community. Il feedback deve essere condiviso con chi partecipa, per aggiornare, motivare e coinvolgere le persone nel progetto, ma anche per ricevere spunti sul miglioramento del gruppo stesso da parte di chi lo rappresenta;
L’attività è continuativa e iterativa: la community costruita continua a evolvere grazie a un continuo processo di pianificazione, implementazione e misurazione. Fino al raggiungimento dell’obiettivo. O alla definizione di un nuovo obiettivo.
Si tratta di temi che hanno un impatto potenzialmente molto importante sul business delle aziende: studiare e attivare le community di crowdsourcing con un approccio consapevole è quindi fondamentale. La conversazione è uno strumento importantissimo, ormai irrinunciabile, per stimolare l’innovazione in azienda.