Paid media, earned media e CRM social
I social media sono strumenti eccezionali per stimolare, condividere e diffondere conversazioni: è lo scopo primario per cui le persone utilizzano questi canali. Per questo motivo, quando le marche attivano la logica del media “paid” (cioè investono a fronte di visibilità per i propri contenuti), devono sempre considerare un importante elemento “earned”: il feedback che si genera.
Perché un contenuto sia efficace, anche quando un brand attiva un investimento media per promuoverlo, è necessario che sia coinvolgente e stimoli un’azione. Se ciò non accade ci troviamo di fronte all’invio di un messaggio e non all’attivazione di una conversazione. Inviare messaggi senza attivare un dialogo o una conversazione è un approccio che sui social media funziona molto male, anche quando abbinato a importanti investimenti.
L’elemento “paid” dei social media, però, ha molti aspetti davvero interessanti, quando si interseca con l’elemento “earned”, di dialogo e di relazione. Uno dei più interessanti è legato al “customer relationship management“: alle strategie che definiscono la relazione tra una marca e le persone. Tipicamente, il CRM, prende in considerazioni diverse fasi, da quelle che precedono la conoscenza del brand, allo stabilirsi di un contatto, alla nascita di una relazione di fiducia, all’azione d’acquisto, per poi sfociare nella ripetizione dell’acquisto e nella condivisione del proprio interesse verso il brand con i propri amici.
Che ruolo gioca il media “paid” in questo contesto? Anche in questo caso si tratta di un impatto che si genera quando l’elemento “paid” è intersecato alla perfezione con quello “earned”, con la strategia di contenuto e di coinvolgimento. Recentemente Facebook ha introdotto una soluzione chiamata “Custom Audiences“. Questa scelta è stata ripresa pochi giorni fa anche da Twitter, che ha introdotto le “Tailored Audiences“, molto simili nella logica oltre che nel nome.
Perché sono interessanti? Sono uno strumento che permette ai brand di raggiungere le persone nella community in modo granulare: di individuare il singolo utente (usando il suo “ID” o il suo indirizzo email) e di renderlo il target di un contenuto social dedicato. Un tweet, un post Facebook possono così raggiungere nicchie di target molto precise, attivando una conversazione del tutto personale e andando oltre al targeting demografico e psicografico.
Ad esempio, un brand di abbigliamento da snowbord potrà raggiungere facilmente tutte le persone tra i 25 e i 34 anni, che sono iscritte al proprio programma di loyalty e che si trovano in un paese specifico per proporre loro di partecipare a un evento dedicato o per chiedere un’informazione o per iniziare una conversazione con un forte focus tematico. È solo un esempio delle numerosissime potenzialità di targeting che fino a poco tempo fa dovevano fermarsi a un livello più alto, psicografico, e che più difficilmente potevano arrivare alla precisione consentita da un targeting sociografico.
È evidente il motivo per cui diventa sempre più importante che l’elemento creativo e strategico legato ai contenuti e all’engagement sia sincronizzato con la strategia media e perché chi si occupa di conversazione deve avere, competenza, risorse e strumenti che permettono di gestire la sinergia tra media owned, paid e earned.