Gattini, amici, brand e la visibilità delle conversazioni su Facebook
Dal 2007, quando sono nate le Facebook Pages, i brand hanno utilizzato questo social network per attivare una relazione, raccogliendo preferenze, “likes” da parte delle persone interessate e attivando una conversazione, attraverso contenuti social creativi, interessanti e realizzati in modo specifico per il target. Come sappiamo, nel tempo è diminuita la percentuale di fan delle pagine raggiunti mediamente da un brand con un singolo update in modo organico.
Questo è avvenuto perché, come in tutto il mondo, anche in Italia è aumentato esponenzialmente il numero di persone che utilizzano di Facebook e la frequenza di utilizzo. La conseguenza? Molti più post di persone e brand potenzialmente interessanti per ogni singolo utente. Cosa non è cambiato? Il tempo a nostra disposizione e la nostra attenzione. Il risultato è che le foto dei nostri amici, gli articoli delle testate che seguiamo, i post dei brand con cui siamo connessi e – ovviamente – gli immancabili gattini concorrono per la nostra attenzione.
Facebook, nel nostro news feed, opera una selezione per noi, segnalando i post più rilevanti. In questo modo seleziona anche i post dei brand che ci vengono mostrati. La diminuzione del reach di questi post è dovuta a questo meccanismo, come conferma Brandon McCormick, communications director di Facebook,in risposta allo statement formulato dal brand Eat24 contro questo cambiamento
“There is some serious stuff happening in the world and one of my best friends just had a baby and another one just took the best photo of his homemade cupcakes and what we have come to realize is people care about those things more than sushi porn”
Questo cambiamento non ha comportato che tutta la visibilità dei contenuti dei brand fosse affidata solamente all’investimento media. La diminuzione del reach potrebbe fare pensare a un appiattimento delle differenze tra brand, ma la situazione è completamente opposta. La diminuzione del reach medio ha comportato che i brand senza un approccio creativo, senza una strategia editoriale efficace e con una community non omogenea o “in target” hanno visto un decremento considerevole nella visibilità dei post. I brand che hanno un approccio strategico e creativo coerente hanno invece distanziato in modo forte in termini di visibilità le altre marche. I brand che pongono il “social thinking” al centro del proprio modo di essere e di conversare riescono più facilmente a sviluppare un alto livello di visibilità, rispetto agli altri, come dimostra questa analisi di Edgerankchecker.
Il fattore community è altrettanto importante: qualche giorno fa abbiamo evidenziato che le community sono fatte di persone, non luoghi. Uno studio recente della Cornell University ha confermato che i legami tra community vanno ben oltre il concetto di “friend” / “fan” su Facebook e “follower” su Twitter, e che le community si formano attorno a “temi”, “attività”, “interazioni” e non solo a “strutture” (connessioni sui canali social). È proprio questo aspetto a rendere importantissimo il targeting delle proprie community: i brand che vogliono avere più visibilità e partecipare a conversazioni con più persone in modo organico possono favorire l’ingresso di persone in target, privilegiando l’approccio qualitativo (accogliere persone interessate a temi e valori specifici) a quello solamente quantitativo (invitare chiunque).