Thank God We Are Social #152

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massimiliano.galvagni

Buon sabato e buon TGWAS.
Questa settimana parliamo di Donald Sterling e Dani Alves, di “Shelfies” e del “Mute button” di Twitter.

I Social media e il lato oscuro delle digital PR.
Viviamo in un’epoca in cui la combinazione di social media e mobile ci permette di documentare molti aspetti della nostra vita quotidiana. Questo ha dato adito a preoccupazioni relative alla tutela della privacy, ma c’è anche un lato positivo che non deve essere trascurato. In passato è stato facile per molte persone influenti assumere comportamenti  discutibili senza molta paura di essere ritenuti responsabili agli occhi dell’opinione pubblica. Ora però sta diventando sempre più difficile per queste persone nascondersi dietro una macchina PR ben oliata.

E’ il caso della vicenda che ha coinvolto Donald Sterling, proprietario della franchigia NBA dei Los Angeles Clippers: i social media hanno giocato un ruolo centrale nel plasmare la risposta dell’opinione pubblica alla sua uscita razzista.
La conversazione su Facebook e Twitter non ha coinvolto solo utenti comuni, ma diverse celebrità che in passato avrebbero utilizzato le loro PR per emettere risposte ufficiali, hanno utilizzato i propri canali social per dare risposte più popolari e meno filtrate. Snoop Dogg, Rihanna e Lil Wayne ad esempio, hanno  stigmatizzato le opinioni di Sterling in post altamente condivisi su Instagram, Facebook, twitter e YouTube.

 

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I social media hanno contribuito a canalizzare la crescente ondata di rabbia per le frasi di Sterling, alcuni sponsor hanno  preso posizione  e la NBA ha  iniziato immediatamente a valutare quali iniziative intraprendere.

Certo, se Sterling avesse utilizzato Snapchat e la sua funzione di auto-deletion, forse tutto questo non sarebbe mai venuto alla luce.
Se non puoi battere il razzismo, mangiatelo.
Gli Stati Uniti non sono l’unico posto dove il razzismo e lo sport si scontrano. Da questo lato dell’Atlantico, infatti, questa settimana ha tenuto banco l’episodio che ha coinvolto il giocatore brasiliano del Barcellona Dani Alves, che ha mangiato la banana scagliata contro di lui in campo da un tifoso della squadra avversaria del Villareal.

 

DaniALves_banana

In seguito, decine di migliaia di persone in tutto il mondo hanno postato selfies su  Instagram e Twitter ispirati dal gesto di Dani Alves e le immagini di personaggi di spicco che mangiano banane hanno inondato il web.

Tutto è cominciato dopo che  il compagno di squadra Neymar  (che ha oltre 10 milioni di seguaci su Twitter e 4,6 milioni su Instagram) ha postato un’immagine di sé su Instagram con un sorriso sfrontato e una banana, con l’hashtag # weareallmonkeys, in lingua inglese, in portoghese, spagnolo e catalano.

 

Footballers-bananas

Il fatto che probabilmente la reazione all’insulto razzista fosse stata pianificata non ha tolto efficacia all’iniziativa, perché la causa è sembrata ampiamente condivisibile ai più.

Instagram e “shelfies”
Fino a qualche tempo fa se avessimo voluto fare sfoggio di  buon gusto o mostrare a tutti di avere un occhio invidiabile per il design, avremmo dovuto invitare da noi la gente giusta, preparare una cena all’altezza e sistemare casa prima e dopo l'”evento”.

Ora invece è possibile raccogliere 13.791 “mi piace”, come ha fatto di recente Alice Gao, semplicemente sistemando ad arte una teiera di candida porcellana su un vassoio, aggiungendo una composizione di fiori di mela cotogna e caricando una foto su Instagram.

AliceGao_Instagram

Si chiama “shelfie”, una versione più sottile del # aftersexselfie: consiste nel raccogliere un certo numero di oggetti per comporli artisticamente in qualcosa che ci rappresenti. Queste foto sono i ritratti del proprio gusto e il nome viene dal fatto che gli oggetti sono spesso disposti su una mensola o supporto equivalente (davanzale di una finestra, una scrivania). Alice ha già raggiunto 733 mila seguaci Instagram, desiderosi di vedere quali oggetti lei saprà comporre e immortalare.

Twitter e il tasto “Mute”
Twitter sta sperimentando una funzione nelle sue applicazioni mobile che permette agli utenti di disattivare gli account che propongono contenuti ridondanti o fastidiosi. A differenza della funzione di blocco , che è progettato per interrompere completamente  le comunicazioni con un utente indesiderato, il muting è destinato ad essere temporaneo.

Significa gli utenti potranno bloccare le persone che, per esempio , propongono tweet ridondanti o concentrati in particolari momenti della giornata. Molte applicazioni Twitter sviluppate da  terze parti hanno offerto un’opzione muto per qualche tempo e secondo The Verge, utenti di Apple iOS e Google Android  selezionati hanno riferito di aver ottenuto la funzione “Mute”. The Verge ha descritto il “muting” come un modo per non seguire qualcuno “di nascosto”, ideale ad esempio per ignorare i colleghi di lavoro.

Un minuto su Internet.
Chiudiamo con un contenuto che piacerà agli amanti delle infografiche o delle statistiche o magari di entrambe.

Milioni di nuovi utenti infatti accedono ad internet ogni mese, e i numeri relativi al flusso di informazioni diventa sempre più importante. Una infografica dal provider di software di analisi Domo, tenta di quantificare la quantità di dati generati in un solo minuto online.

Data_never_sleeps
Qui potete visualizzare l’infografica completa.

Per avere una prospettiva ancora più interessante, è possibile confrontare i numeri con l’infografica pubblicata due anni fa.

E’ tutto, buon fine settimana e arrivederci al prossimo TGWAS!