Non bastano due gattini per guadagnare l'attenzione dei millennials
Che ruolo hanno le marche nella vita delle nuove generazioni? Come devono comportarsi quando interagiscono con loro? Quanto vale una relazione con i consumatori di domani? Molto, perché non si tratta solo dei “consumatori di domani” – appunto – ma di una generazione che ha già molto chiaro il ruolo che i brand giocano nelle loro vite, molto più di quanto non fosse chiaro per le generazioni passate.
Le marche sanno molto bene di aver oggi a che fare con ragazzi molto più consapevoli rispetto a quelli di ieri da questo punto di vista, ragazzi che sanno molto bene qual è il loro valore come consumatori, e quale può essere il loro impatto nel far sì che una marca abbia successo o meno. Lo sanno perché vedono ogni giorno quanto i brand cerchino di dialogare con loro su Twitter o Facebook, e si rendono conto di avere la possibilità di far sentire la propria voce anche per tematiche molto serie (basti pensare al peso che i social media hanno hanno avuto – e stanno avendo – in momenti critici come le proteste in Medio Oriente, o a Hong Kong, ad esempio).
Un recente report condotto da Moosylvania ci dice quanto il loro impatto sia chiaro anche in termini economici: nei soli USA ci sono più di 74 milioni di “millennials”, con un potere d’acquisto di 170 miliardi di dollari, e hanno accesso a internet (e quindi opportunità di interazione) mediamente da 7.1 dispositivi. Si tratta – appunto – di una generazione consapevole del proprio ruolo nei confronti delle marche, ma che sa anche attribuire una forte importanza alle marche nelle loro vite: il 45% di loro dichiara che i brand giocano un ruolo fondamentale nelle loro vite (contro il 35% degli adulti tra 35 e 54 anni, e 25% delle persone sopra i 50 anni).
Per dimostrare il loro legame con una marca vi interagiscono su Facebook (59%) e ne parlano con i propri contatti (57%), ma soprattutto ne acquistano i prodotti: il 54% lo fa in-store, mentre il 48% lo fa online.
Dai brand si aspettano di trovare contenuti in grado di divertirli e intrattenerli (72%), ma soprattutto di accrescere il proprio bagaglio di informazioni legato a temi specifici (76%) e di imparare qualcosa di utile (75%). Vogliono sentirsi coinvolti in quello che le marche fanno (54%), e dichiarano che è fondamentale che una marca sia in grado di parlare il loro linguaggio, facendo percepire che non è un’entità astratta, ma che è parte del loro mondo (48%).
I “millennials” sono la prima generazione con una mentalità mobile-first, abituata ad essere connessa in qualsiasi momento, e consapevole di avere la possibilità di esprimersi influenzando ciò che accade nel mondo che la circonda: non si tratta più soltanto di interagire con la propria cerchia di amici, ma di poter – potenzialmente – attivare una relazione con qualsiasi altra persona – o marca – connessa.
Un tempo i brand erano considerati come un’entità che parlava dall’alto al basso, dal suo quartier generale a milioni di persone: a livello di comunicazione, di scelta nella creazione dei prodotti e di rapporto reale con i consumatori. Oggi questo paradigma si è rovesciato.
Lo studio “Coming of Age on Screens” commissionato da Facebook a Crowd DNA ha coinvolto 11.000 persone tra 13 e 24 anni in 13 paesi (inclusa l’Italia) e ci racconta di come sia cambiato il modo di interagire e di vedere il mondo delle nuove generazioni rispetto alle precedenti.
È interessante che quasi 6 ragazzi su 10 si dichiarino ottimisti (soprattutto tra i più giovani – il picco è del 64% tra i giovani di 13-15 anni), e che il 72% dica di cercare qualcosa di positivo da ogni situazione che si presenta nella vita di tutti i giorni (l’Italia è nella media, con il 67%, mentre i più ottimisti in assoluto sono i ragazzi indonesiani – 92% – e i meno ottimisti gli inglesi – 63%).
I social media hanno un ruolo chiave in questo senso: il 74% li ritiene un mezzo fondamentale per restare in contatto con i propri amici, mentre il 65% dichiara di utilizzarli anche per interagire con le persone che vede anche offline tutti i giorni. Il senso di appartenenza a una community, a un gruppo, è un altro dei motivi per cui molti ragazzi utilizzano tutti i giorni i social media, e il 66% di loro li sfrutta per essere aggiornato riguardo ciò che accade nel mondo che li circonda.
È una generazione che desidera conoscere cose nuove, e che vuole essere guidata in questa scoperta: a guidarli devono essere marche che sappiano capirli e che permettano loro di esprimersi e di dire la loro.
Quando si parla di coinvolgere la propria community in una storia, di renderla parte di un’esperienza, è proprio perché è quello che le persone desiderano – a prescindere dall’età – e perché è quello che sono più propense a condividere con i propri amici e familiari: i ragazzi vogliono trovare ispirazione o intrattenimento quando interagiscono con le marche, e lo vogliono perché sono quelli i contenuti con cui sono abituati a interagire.
Guadagnare la loro attenzione non significa soltanto produrre contenuti migliori rispetto a quelli dei propri competitor, ma rendersi conto che la “competizione” avviene anche con ciò che viene condiviso da altri milioni di persone, da 9Gag, da Buzzfeed e dai publisher di tutto il mondo.