Controlliamo il nostro smartphone 110 volte al giorno, e non sappiamo mai che ora è

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Luca Della Dora

Una persona, mediamente, sblocca il proprio smartphone 110 volte al giorno: 6,8 volte all’ora, circa una volta ogni 9 minuti (se togliamo le 8 ore di sonno in cui si “dovrebbe” dormire). Spesso lo si fa per abitudine, perché è un gesto diventato ormai naturale, parte della routine (quante volte vi succede di guardare lo schermo del vostro smartphone per controllare l’ora, lo rimettete in tasca e non avete idea di che ore siano?).

Instagram Horror Story
Photo Credits Nastya Nudnik

La nostra soglia di attenzione è diminuita di 4 secondi in soli 3 anni, e sembra che anche un pesce rosso batta l’uomo da questo punto di vista: nel 2010 la nostra soglia era di 12 secondi, nel 2013 di soli 8 (con il pesce rosso stabile a 9 secondi).

Attention Span

Cosa c’entra questo con il marketing e con i social media?
Molto, moltissimo, perché è il flusso costante di informazioni a cui siamo sottoposti 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, per 365 giorni all’anno ad aver influenzato pesantemente le nostre abitudini nella fruizione dei messaggi che incontriamo ogni giorno (sono più di 5000 quelli legati a una marca, o comunque riconducibili ad azioni di marketing). Con l’aumentare delle informazioni e dei contenuti prodotti è normale che l’attenzione – che invece è un qualcosa di “finito” – debba essere distribuita in modo differente, privilegiando alcune cose rispetto ad altre (MailChimp dichiara, ad esempio, che più dell’85% delle email relative a marche o prodotti non vengono neppure aperte).

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I social media, in questo senso, offrono l’enorme opportunità di guadagnare l’attenzione delle persone proponendo qualcosa che interessi, che sappia meritare il tempo richiesto e che incontri le modalità di fruizione e i comportamenti delle persone con cui si desidera interagire.

Social media e mobile giocano un ruolo chiave da questo punto di vista, perché cambiano radicalmente il modo in cui le persone hanno accesso alle informazioni, sia in termini di modalità di fruizione, sia in termini di formati. Mediumla piattaforma di blogging creata dai co-fondatori di Twitter Evan Williams e Biz Stone – offre un interessante spunto di riflessione, proprio per il suo approccio incentrato completamente sul contenuto: i post che richiedono un tempo di lettura di 3 minuti ottengono un numero molto più elevato in termini di visualizzazioni, mentre c’è un progressivo crollo per tutto quello che ha un tempo di lettura superiore ai 7 minuti.

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Anche Twitter stesso “suggerisce” in modo piuttosto evidente la direzione: i tweet che contengono immagini generano – mediamente – un tasso di RT superiore del 150% rispetto a quelli composti da solo testo, e il 18% di click in più su link condivisi insieme all’immagine.

Buffer App

Non è difficile capire perché molti brand abbiano ormai stabilito una presenza su canali incentrati sulla condivisione di immagini e contenuti visuali in genere: Instagram è utilizzato dal 20% di chi accede a internet (a livello globale). La sua penetrazione è in continua crescita in tutto il mondo, con un impressionante 50% in Arabia Saudita, 48% in Tailandia e 43% in Malesia e Indonesia. In USA è utilizzato da 1 persona su 4, mentre in Italia il 21% di chi naviga ha attivato un account.

Instagram Growth

Global Web Index ha pubblicato una ricerca che sottolinea come – a livello demografico – ci sia un sostanziale equilibrio tra uomini e donne (51% vs 49%), e una distribuzione su tutte le fasce d’età (i ragazzi tra 16 e 24 anni costituiscono, come prevedibile, la fetta più ampia della userbase (41%), ma c’è una diffusione molto alta anche tra le persone fino ai 44 anni.

Instagram Demographic

Si tratta di persone che dimostrano una forte propensione ad interagire con i brand online (più del 50% ha interagito con una marca durante l’ultimo mese, contro il 30% della media degli utenti internet): 1 utente Instagram su 3 dichiara di aver scoperto un brand o un prodotto proprio grazie a contenuti condivisi da marche online, e 2 su 3 seguono i brand che gli piacciono.

Instagram behavior

La crescita di Instagram – e di quelle piattaforme che consentono di comunicare attraverso contenuti “snackable” (fruibili cioè in mobilità, in pochissimo tempo, e che sono pensati per essere condivisi su più canali) – è sicuramente un’ulteriore opportunità per le marche: quello che è fondamentale stabilire fin da subito è il ruolo che si desidera affidare al canale e il tipo di interazione che si vuole attivare con la propria community, onde evitare di trovarsi a proporre i contenuti a persone non interessate, che non interagiranno.

Instagram Horror Story

Come detto, l’attenzione è un bene “finito” e ogni contenuto condiviso da un brand non è in competizione soltanto con ciò che viene pubblicato da altre marche, ma anche con tutto quello che viene postato da altre persone, o da publisher (da Wired, al Sole24Ore, al WallStreet Journal, a Mashable, ma anche a Buzzfeed e 9gag): qualità dei contenuti e capacità di capire il miglior contesto (e formato) sono le chiavi per attivare una relazione tra marca e persone che consenta di assicurarsi più attenzione di quella che sarebbe in grado di dedicarci un pesce rosso.