Instagram introduce l’algoritmo. Cosa cambia?

Analisi
Luca Della Dora
Instagram si appresta ad entrare nella sua terza “era”.

In principio tutti i contenuti avevano le stesse possibilità di raggiungere le persone cui erano destinati: il feed era basato esclusivamente sull’ordine temporale di pubblicazione.
Nel frattempo è stata introdotta la tab Explore (a metà del 2012) – poco dopo l’acquisizione da parte di Facebook – e lanciata la versione web del servizio.

La seconda “era” è iniziata a Novembre 2013, quando alcuni brand hanno potuto iniziare a usare gli sponsored post per raggiungere utenti negli US, modificando di fatto il modo in cui le persone erano abituate a essere raggiunte dai contenuti: per la prima volta, infatti, oltre ai profili seguiti, era possibile trovare nel proprio feed contenuti promossi dai brand (da Ottobre 2015 è possibile non solo promuovere i singoli contenuti, ma anche Carousel).



A photo posted by Express Your Business’ Story (@instagramforbusiness) on Feb 24, 2016 at 8:00am PST




Il 2013 è anche stato l’anno in cui è stata introdotta la possibilità di scambiarsi messaggi privati (con Direct), e – soprattutto – di pubblicare Video, estendendo le opportunità a livello creativo per persone e brand (opportunità ulteriormente estesa ad Agosto 2015, quando è stato rimosso il vincolo delle immagini quadrate).

La terza “era” è quella che sta per iniziare, e che cambierà radicalmente le regole del gioco: il feed non sarà più basato sull’ordine temporale di pubblicazione, ma sarà regolato da un algoritmo che sceglierà quali contenuti raggiungeranno le persone, proprio come accade su Facebook.

Questo cambiamento impone un’attenzione sempre maggiore alla qualità dei contenuti, che dovranno risultare veramente rilevanti per l’audience a cui si rivolgono per essere visibili nei feed delle persone: insomma, non sarà più sufficiente lavorare sulla frequenza di pubblicazione o fare affidamento su una follower base molto estesa, ma sarà fondamentale assicurarsi che ogni contenuto risulti interessante per la propria audience.

JiaJia Fei, digital director at the Jewish Museum (@thejewishmuseum) in New York City, has visited the Studio Museum in Harlem (@studiomuseum) many times, but a recent trip was for the #MuseumInstaSwap: 18 museums in New York paired off and spent time with each other’s collections, taking photos with their own communities in mind and posting them throughout the day on February 2. Organized by the Intrepid Museum (@intrepidmuseum) and inspired by the first swap led by the Wellcome Collection (@wellcomecollection), the initiative offers a fresh perspective on each museum as well as a broader audience for all. At the Studio Museum, JiaJia (@vajiajia) took photos of pieces capturing its spirit, such as Glenn Ligon’s iconic work “Give us a Poem,” a light installation blinking the words “me, we.” “Though the mission of both institutions is dedicated to art seen through a specific lens, these are ultimately museums for people of all backgrounds,” says JiaJia. “We were able to connect all of our voices and audiences online, worldwide, for a single day.” Photo at @studiomuseum by @thejewishmuseum

A photo posted by Instagram (@instagram) on Feb 3, 2016 at 5:35pm PST



Uno studio di TrackMaven evidenzia come, per brand di alcuni settori, Instagram sia diventato un canale cruciale in termini di coinvolgimento delle proprie audience: fashion e abbigliamento sono mercati in cui il tasso di coinvolgimento delle persone continua a crescere in maniera più rapida, a prescindere dalle dimensioni della community.

[potete scaricare il report completo da qui]

TrackMaven

Molti brand, soprattutto appartenenti al mondo della moda e del lusso, hanno lavorato sulla frequenza di pubblicazione per raggiungere il maggior numero di persone interessanti per il proprio business.
Valentino è sicuramente un caso estremo (con quasi 40 contenuti a settimana), ma tutto il mercato del fashion – rispetto ad altri settori – ha la tendenza a condividere una gran quantità di contenuti con le proprie audience (e chiaramente questo ha molto a che fare con la tipologia di prodotti su cui si basa il business)

L2 - Fashion

Questa logica è destinata a cambiare radicalmente con l’introduzione di un algoritmo capace di individuare i contenuti più rilevanti, che metterà molta più enfasi sulla qualità del singolo contenuto, e non più sulla quantità di ciò che viene condiviso dal brand: il focus dovrà essere posto sulla capacità di coinvolgere le persone attraverso contenuti rilevanti, piuttosto che sulla pura capacità di raggiungere ampi bacini di consumatori (è evidente che questo discorso è molto generale, e non può valere per qualsiasi brand, e ogni settore, ma è riferito all’importanza di valutare sempre più il modo in cui le persone “reagiscono” ai contenuti).


Instagram ha comunicato che l’algoritmo terrà conto di molte variabili per creare feed personalizzati per ciascun utente, a seconda dei suoi comportamenti e del tipo di contenuti di cui fruisce abitualmente: dalla relazione tra utente e profilo che pubblica il contenuto, al momento in cui viene pubblicato un post (e alla relazione con altri post simili, o con medesimi hashtag), fino all’affinità con i contenuti che di solito l’utente pubblica.

Questo significa che ciò che viene condiviso dai profili dei propri contatti “personali” continuerà a mantenere la maggiore rilevanza (a meno che l’utente in questione non condivida e fruisca soltanto immagini di prodotti…), così come continueranno a essere forti tutti quei brand che già oggi sono considerati interessanti dalle persone: se un profilo viene apprezzato, questo verrà premiato anche dall’algoritmo. Semplice.

A photo posted by Kevin Systrom (@kevin) on Jul 16, 2010 at 2:24pm PDT


[la prima foto pubblicata su Instagram, da uno dei suoi fondatori]

Sarà interessante capire in che modo le aziende sapranno sfruttare questo cambiamento per raggiungere in modo ancora più efficace le persone interessanti per il loro business: non si tratta soltanto di pianificare un investimento media che promuova i contenuti creati, ma – soprattutto – di osservare in che modo le persone reagiscono ai contenuti.

L’engagement su Instagram è decisamente più elevato rispetto a quello registrato sugli altri canali, ma durante gli ultimi mesi c’è stato un calo (fisiologico) per via della sempre maggior competizione tra brand e di persone capaci di produrre contenuti di altissima qualità (e non).

L’obiettivo dichiarato di Kevin Systrom (CEO e co-fondatore di Instagram) è di far sì che le persone passino sempre più tempo sul proprio feed, e questo può verificarsi soltanto se viene data loro una valida ragione per farlo.

Screen Shot 2016-03-24 at 19.05.52

Ci si avvicina sempre più a una logica per cui, anche attraverso l’attività editoriale su canali – apparentemente – semplici e lineari come Instagram, è importante ragionare su diversi livelli: da contenuti ongoing, a progetti di contenuto legati a momenti specifici, fino a campagne più strutturate (che possono vivere su un solo canale, o coinvolgere diversi luoghi su cui il brand è presente).