THANK GOD WE ARE SOCIAL #268

Thank God We Are Social
jacopo.rossi

Se ieri avete preferito un venerdì sera casalingo alla solita trafila casadocciabirrettabirrettabirra (etc. etc. con un crescendo wagneriano), non potete non essere inciampati, anche solo per pochi secondi, nella cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Rio (progettata da un italiano, Marco Balich).



La prima edizione di questo secolo ventunesimo, come le precedenti, possiede un fascino innegabile: apoteosi dello sport da salotto, rappresenta degnamente la nostra capacità del saper discutere più o meno di qualsiasi argomento, della tuttologia amplificata da social e simili. Basti pensare che, nel solo 2016, anche noi siamo stati, a targhe alterne, politologi, allenatori, europeisti, antieuropeisti, epidemiologi, esperti di terrorismo e di elezioni americane, di alta finanza e di trivellazioni. Ah, per non parlare di quando ci siamo sentiti tutti un po’ stilisti di hostess.

Adesso, placidamente spiaggiati su sdraio roventi o affollatissimi bagnasciuga, avremo finalmente modo di infervorarci per un bel colpo liftato al match di baminton (indimenticabile quello con il quale la volpesca Lady Marion si aggiudica il punto contro Lady Cocca), per le delicate movenze delle sincronette o un dwio chagi ben assestato durante un incontro di taekwondo.



Tornando social (e soprattutto seri), è da notare come dalle sole cento fotografie dell’edizione greca del 1896 alle gare di Londra trasmesse in ultra alta definizione, passando per il propagandistico Olympia di Leni Riefenstahl che mostrò a tutto il mondo il bieco splendore del regime nazista, le Olimpiadi abbiano saputo adottare i diversi linguaggi che il convento del villaggio globale passava.

Se proprio l’edizione londinese è stata la prima in grado di definirsi social, tra pagine ufficiali, piattaforma dedicata e app tematica, è logico aspettarsi che quella brasiliana non sarà da meno.
Le premesse, a onor del vero, ci sono tutte: siete in a Rio e volete parlare delle gare, degli sport, taggare e fotografare di tutto? Potrete farlo: persino gli autobus cittadini sono dotati di wi-fi, quindi, come nei film (Bonanza docet) non ci saranno tempi morti, nemmeno in mezzo al traffico.
E sarà possibile connettersi anche in cima al Corcovado, ai piedi del Cristo Redentore, grazie a Hyundai, che ha finanziato l’installazione del wi-fi. Come si sono comportate però le nostre piattaforme preferite? Di come si è mossa Facebook in vista di Rio avete già letto nello scorso Mercoledì Social #332.

 

Vedere tutto il vedibile: Vine e Periscope e Instagram

Se lo schermo televisivo non è abbastanza e volete di più, questi tre canali fanno al caso vostro. Sia Vine che Periscope hanno dedicato ampio spazio alle Olimpiadi, tra sezioni dedicate, contenuti esclusivi e torce olimpiche che sostituiscono i cuori.



Dal canto suo Instagram ha lanciato proprio pochi giorni fa la nuova funzionalità Stories: sarà interessante vedere come atleti, brand e media la sfrutteranno. E, da che social è social, la piattaforma la fa chi la usa: se non sapete resistere, se la curiosità vi rode, se, se, se… abbiamo dei validi insider dentro il villaggio olimpico, prima fra tutti @kikkafede88, al secolo Federica Pellegrini. Seguirla per credere.




#aeroportotime ✈️✈️?? #roadtorio


Una foto pubblicata da Federica Pellegrini (@kikkafede88) in data: 2 Ago 2016 alle ore 08:43 PDT




 

Twittare, sempre

La cerimonia di ieri ha virtualmente inaugurato anche la sfida social, con #OpeningCeremony. A questo, a #Olympics e all’istituzionale #Rio2016, si accompagna un numero indefinito di hashtag, spesso arricchiti da emoji di ogni sorta. È il caso, su Twitter, delle bandiere di #ITA, #USA, #GER e di tutti gli altri Paesi che prendono parte alle diverse gare, ma non solo: tifosi e atleti hanno la possibilità di colorare i soliti 140 caratteri con medaglie (#Gold, #Silver e #Bronze) e icone delle discipline (#Football e #Tennis, ma anche #ModernPentathlon, #WaterPolo ed #EquestrianJumping).

Twitter ha poi arricchito la sua sezione Moments con una sezione tutta dedicata ai giochi, dove ognuno può scegliere quale Paese seguire, gustarsi con calma i momenti topici della giornata e tener d’occhio il medagliere. Sarà possibile anche interagire con gli atleti: su Rio Athletes – 2016, potete cercare il vostro preferito. Se avrete la fortuna d’essere a Rio, invece, potrete invece lasciare il telefono in tasca per qualche minuto: i tweet di tutto il mondo saranno proiettati sugli Archi di Lapa, parte integrante della rete idrica cittadina e simbolo della metropoli carioca. Tre invece gli account ufficiali: @Olympics, @OlympicFlame, @Rio2016. Ah, ovviamente, forza @ItaliaTeam_it.


PS:
c’è un’hashtag che non ho menzionato, ma che merita un occhio di riguardo, se non altro per dare il buon esempio. Si tratta di #ROT, accompagnato da un emoji che raffigura due mani che sorreggono il mondo. È la prima volta che lo vedete e, purtroppo e per fortuna, non sarà l’ultima: è l’hashtag dei dieci atleti che vestiranno la maglia del Refugee Olympic Team, la selezione dei rifugiati. Si tratta di cinque sudanesi, due congolesi, un etiope e due siriani, tra cui Yusra Mardini, arrivata a in Europa dopo aver nuotato nelle acque dell’Egeo. Tra doping, indagini, contestazioni e scandali, non farebbe male cercare un po’ di spirito olimpico in loro.