THANK GOD WE ARE SOCIAL #375

Thank God We Are Social
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Alessandro Romeo
Da giugno il profilo @insta_repeat colleziona i cliché fotografici presenti su Instagram. La curatrice del profilo, anonima, racconta su Photo Shelter come l’idea sia nata con l’obiettivo di riflettere in maniera ampia sul concetto di originalità nella creazione di contenuti.

L’esplorazione di @insta_repeat è volutamente circoscritta al territorio in cui la curatrice è cresciuta, l’Alaska, motivo per cui ci sono tende, cascate, casette rosse, ma non troverete nemmeno un avocado toast. Diversamente da quanto detto dalla quasi totalità degli articoli che si sono occupati di @insta_repeat con l’obiettivo di puntare il dito sulla presunta banalità di Instagram, l’intento di questo profilo è quello di documentare la ricorrenza di certi pattern in una area circoscritta dell’esperienza (il viaggio e il contatto diretto con la natura).





Un post condiviso da Insta Repeat (@insta_repeat) in data: Ago 18, 2018 at 10:27 PDT




Per diversi motivi la “caccia alla banalità” forse non è la lente giusta attraverso cui guardare il fenomeno.

Il primo, il più ovvio, è che Instagram non è un book fotografico ma un racconto delle nostre vite. E la ripetitività, nelle nostre vite, è ovunque. Un esempio: da quasi trent’anni Ari Versluis ed Ellie Uyttenbroek seguono il progetto “Exactitude”, fotografando e classificando i pattern dei look delle persone che incontrano per strada. Date un’occhiata alla home del sito: è piuttosto convincente.
Imitare ci permette di risultare meno goffi in un ambito in cui non ci sappiamo muovere un granché bene. Per questo se ci scattano una foto con una chitarra in mano che in realtà non sappiamo suonare, è altamente probabile che ci metteremo in una posizione come questa:



via GIPHY

O se ci faranno assaggiare un vino al ristorante e di vino non ci capiamo niente faremo un’espressione che più o meno assomiglierà a questa:



via GIPHY

Il secondo motivo è che Instagram è un mezzo al servizio delle persone. Tool e feature a parte, non esiste un modo creativamente corretto di usarlo, ma dipende dalla nostra sensibilità. La ripetitività non va intesa quindi come un difetto ma come una caratteristica. Se le persone utilizzano Instagram in questo modo, ne possiamo solo prendere atto, esattamente come facciamo con un tormentone estivo: può piacerci o meno, ma non possiamo impedire agli altri di cantarlo.

Terzo: il modo in cui utilizziamo Instagram si è evoluto. Oggi non è solo un luogo in cui raccontare le nostre esperienze attraverso l’uso di immagini, ma è anche un luogo dove guardare le immagini degli altri per capire quali esperienze fare. Un panorama incredibile visto su Instagram potrebbe diventare la meta del nostro prossimo viaggio. E, quando saremo lì, la probabilità di scattare una foto simile a quella che abbiamo visto è piuttosto alta.





Un post condiviso da Insta Repeat (@insta_repeat) in data: Ago 8, 2018 at 11:52 PDT




Quarto: Instagram stesso è cambiato molto. Con le stories, cui è stato appaltato il ruolo di racconto vero e proprio delle nostre giornate, il feed gode di una selezione ancora più forte dei contenuti.
Anche se varia da persona a persona, esiste un’asticella secondo cui giudichiamo se una foto vada o meno bene per il nostro profilo Instagram. E il metro di paragone, inevitabilmente, per l’utilizzo sì serio ma pur sempre amatoriale che ne facciamo da utenti, è la qualità dei profili che ci piacciono.

Quest’ultimo aspetto è il più interessante. Nell’utilizzo personale di Instagram ognuno di noi – esclusi forse i fotografi di professione – utilizza un parametro di qualità che non è necessariamente legato all’originalità della foto. Semplificando molto, significa che a livello amatoriale non sei figo se solo tu hai fatto quello scatto, lo sei se anche tu sei riuscito a farlo. Come sintetizza Emily Arata: “We don’t want a perfect shot, we want the shot someone else took perfectly”.





Un post condiviso da Insta Repeat (@insta_repeat) in data: Lug 29, 2018 at 10:01 PDT




Tutto questo è giusto o è sbagliato? Né l’uno né l’altro. È normale.
Per molte persone Instagram offre un modo concreto ed efficace per valorizzare le proprie foto, anche se senza fini professionali o artistici. Probabilmente nel 1998, in campeggio, avremmo fotografato i nostri amici davanti a una tenda, o avremmo chiesto a un signore in ciabatte di scattare una foto a noi e ai nostri amici davanti a una tenda. Bel ricordo, foto orrenda. Oggi magari faremmo qualcosa di molto simile ma, panorama permettendo, scatteremmo una foto dall’interno della tenda, uguale a mille altre e consapevoli di imitare un cliché. Bel ricordo pure questo, ma anche foto niente male.





Un post condiviso da Insta Repeat (@insta_repeat) in data: Lug 27, 2018 at 8:11 PDT