THANK GOD WE ARE SOCIAL #383

Thank God We Are Social
giulia.sola
Finalmente sabato mattina! È un sabato di metà ottobre come un altro, la settimana lavorativa volge al termine e siamo pronti a goderci il weekend, magari all’aria aperta, magari al parco, in maglietta, con un gelato.

Aspettate un attimo. Metà ottobre. Maglietta. Gelato. Qualcosa non quadra. Questo ottobre non è inaspettatamente caldo rispetto al solito? L’autunno non ce lo ricordavamo freddo, grigio e piovoso?

Cliché a parte (sono tornate le mezze stagioni?), all’inizio del mese la CNN ha condiviso un allarmante rapporto dell’IPCC (UN Intergovernmental Panel on Climate Change) che chiede ai governi di attuare cambiamenti rapidi, senza precedenti e su vasta scala in tutti gli aspetti della società per evitare le conseguenze disastrose del riscaldamento globale. Proseguendo di questo passo, infatti, nel 2030 (una data molto più vicina di quanto ci aspettassimo) milioni di persone si troveranno ad affrontare siccità estrema, incendi incontrollati, inondazioni e carenza di cibo.



Il cambiamento climatico è attualmente una realtà, ne vediamo già gli effetti in diverse parti del mondo, e i dati sottolineano come le persone siano sempre più consapevoli dell’impatto che il loro stile di vita ha sull’ambiente. Questo è vero in primis per un target giovane, che si dichiara incline a pagare di più per prodotti eco-friendly o sostenibili. Lo dice il 60% dei Millennials (22-35 anni) e il 58% degli appartenenti alla Generazione Z (16-21 anni).



I Millennials sono oggi più consapevoli che mai di come il proprio  sistema di credenze e di valori si rifletta nel proprio comportamento d’acquisto. Ma non solo loro: attualmente il 66% delle persone preferisce una presa di posizione forte da parte di un brand su una questione politica o sociale.



Impossibile non citare, a questo proposito, la recentissima campagna di Nike Dream Crazy che, nonostante un iniziale sentiment negativo online e dopo aver scomodato tra gli altri le opinioni di Donald Trump e Lebron James, ha fatto registrare al brand +31% di vendite online.

Un brand che affronta tematiche importanti può generare nel pubblico reazioni di vario tipo, ma quando parliamo di impegno per la sostenibilità l’effetto è generalmente positivo: secondo un sondaggio condotto da Nielsen, il cambiamento climatico risulta una delle cause che sta più a cuore alle persone.



Alcuni brand hanno la sostenibilità nel proprio DNA. Un esempio su tutti è Patagonia, marchio di abbigliamento outdoor considerato tra i più sostenibili al mondo, la cui mission si basa su tre pilastri: realizzare il prodotto migliore, non provocare danni inutili, utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale.

La concezione del prodotto è improntata alla salvaguardia dell’ambiente, sia dal punto di vista dei materiali (ecosostenibili o riciclati) che dal punto di vista della durata: i capi Patagonia sono fatti per resistere quanto più possibile nel tempo – possono essere riparati oppure riciclati.

DON’T BUY THIS JACKET – UN INVITO A NON ACQUISTARE


Proprio la campagna “Don’t buy this jacket” è un esempio di marketing etico: lanciata in occasione del Black Friday del 2011, incoraggiava i consumatori a riflettere sulla pratica dello shopping selvaggio tipica di questa giornata con un messaggio che apparentemente andava contro agli interessi dell’azienda:



La campagna è risultata credibile grazie al background dell’azienda e alle azioni concrete che questa mette in campo per sostenere i propri valori (come il supporto alle riparazione dei capi di abbigliamento nei negozi e attraverso il Worn Wear Tour).

Altro brand simbolo del marketing etico è Lush, la cui mission si può riassumere in tre parole: eticità, rispetto e ambiente. Fin dai suoi albori, Lush ha puntato su prodotti creati in modo artigianale (“fatti a mano”), con ingredienti etici, naturali e freschi: i prodotti sono 100% vegetariani e il brand è schierato contro i test sugli animali.

NAKED! – RIDURRE IL PACKAGING FINO AD ELIMINARLO


Lanciata a livello globale lo scorso anno, la campagna NAKED! vuole sottolineare l’eccesso di packaging che caratterizza i prodotti che utilizziamo. Gli investimenti in ricerca & sviluppo da parte di Lush mirati all’eliminazione progressiva del packaging si sono tradotti in un risultato concreto: il 35% dei prodotti sono oggi a tutti gli effetti “nudi”, quindi solidi e totalmente privi di imballaggio (il resto dei prodotti ha comunque imballaggi in materiale riciclato o riciclabile).

La campagna ha coinvolto anche i dipendenti dell’azienda che si sono spogliati (volontariamente) per promuovere la causa…!



Anche Lavazza* pone la sostenibilità nel senso più ampio del termine al centro della sua crescita: con il suo Coffee Study Program si è impegnata a contribuire al raggiungimento degli obiettivi delle Nazioni Unite per il pianeta. Quattro studenti internazionali hanno potuto vedere da vicino e raccontare quali interventi e buone pratiche possano migliorare l’impatto della produzione del caffè sull’ambiente e sulla comunità:


RISULTARE CREDIBILI QUANDO SI PARLA DI SOSTENIBILITÀ


Anche senza una mission improntata alla sostenibilità è possibile intraprendere azioni concrete contro il cambiamento climatico e comunicarle in maniera efficace:





Quando parliamo di sostenibilità la domanda sorge spontanea: greenwashing o impegno autentico?

Sicuramente se un brand vuole affrontare questa tematica è importante farlo inserendo le sue azioni in una più ampia strategia e nel modo più vicino possibile ai suoi valori di marca, così da risultare credibile e rilevante per il pubblico.

*Lavazza è cliente di We Are Social