WTFuture NFTs Edition: più che (costose) JPEG

WTFuture
Luca Della Dora

C’è chi ha speso 450 mila dollari per essere vicino di casa di Snoop Dogg in The Sandbox, e chi si è portato a casa l’NFT del primo tweet della storia per una cifra di poco inferiore ai 3 milioni di dollari (salvo poi cercare di rivenderlo con scarsi risultati – l’offerta più alta non ha raggiunto i 300 dollari).


Ci sono un’infinità di altri esempi di transazioni quantomeno bizzarre legate al mercato dei Non-Fungible Token: ma gli NFT sono solo questo? Sono davvero solo un modo di acquistare o scambiare asset virtuali decisamente costosi?

Durante WTFuture NFTs Edition abbiamo provato a rispondere a queste (e altre) domande legate a uno degli strumenti che caratterizzano il web3, dopo aver esplorato le opportunità offerte dal metaverso nell’episodio precedente.


Ma facciamo un passo indietro, e cerchiamo di capire cosa c’è dietro a quelle che vengono spesso considerate solo JPEG molto costose: la notorietà degli NFT è iniziata – presso il grande pubblico – con la vendita di Everydays: the First 5000 Days di Beeple (battuto da Christie’s per una cifra vicina ai 70 milioni di dollari) e con il proliferare di Bored Ape sui profili di celebrità e sportivi di tutto il mondo, ma dietro – appunto – c’è molto di più.

Man mano che le persone acquisiscono dimestichezza con questi nuovi strumenti, e che i progressi tecnologici aprono nuove opportunità, anche il ruolo degli NFT cambia, e lo fa in maniera rapidissima.

Abbiamo raccolto qualche esempio di queste nuove modalità di utilizzo, consapevoli che si tratta soltanto di una piccolissima parte delle cose che permettono di fare: quello che li rende uno strumento così interessante è proprio la loro versatilità per adattarsi a moltissime soluzioni.


Ecco un breve elenco di quelle che – già oggi – sono modalità di utilizzo:

  • NFT all’interno di giochi Play2Earn, in cui le persone possono usare i token per giocare con altri utenti, o possono scambiarli, o ancora vederli evolvere.
  • NFT utilizzati come immagine profilo sui propri account social, per comunicare la propria appartenenza a una community – chiaramente la partecipazione a quelle community, solitamente molto esclusive, apre anche una serie di vantaggi per il possessore del token.
Da Eminem a Snoop Dogg, da Shaquille O’Neal a Neymar, fino a Paris Hilton e Madonna: sono ormai centinaia le celebrità di ogni ambito che hanno acquistato la loro Bored Ape e l’hanno usata come immagine profilo sui loro canali social per condividere la loro appartenenza a quella che di fatto è una community esclusiva (la collezione di Bored Ape è composta di 10 mila pezzi).
  • NFT come biglietti per l’accesso a eventi: in questo caso, ad esempio, possono essere creati diversi gradi di accesso all’evento stesso e decidere la quantità e il costo dei token – e anche qui, maggiore sarà il valore del token, maggiori saranno i vantaggi per il possessore.
Ad esempio, il Coachella ha messo in vendita una serie di NFT, con diversi livelli di prezzo in base ai vantaggi offerti dal loro acquisto (qui ad esempio potete trovare quello che vi garantisce un ingresso al festival per tutta la vita, ingresso alle aree VIP e tutta una serie di altri benefit: potete aggiungerlo al vostro wallet spendendo 1.000.000 di dollari).
  • NFT come certificazione di possesso di opere d’arte digitali: questa è, probabilmente, la modalità di utilizzo più nota, proprio per i volumi di transazioni che sono state prodotte nel massimo periodo di hype del fenomeno e ad artisti che sono stati in grado di creare community e interesse attorno alle loro opere.
  • NFT come skin o wearable per avatar digitali: più tempo le persone passano online – rappresentate da un avatar virtuale – più sono disposte a investire cifre anche importanti per acquistare accessori o abiti virtuali, ed è interessante notare come siano sia brand già esistenti sia brand nati con questo unico focus a investire in quest’area.

Arrivati a questo punto abbiamo voluto fare una sorta di reality check: ma se il mercato delle crypto è precipitato, e le vendite degli NFT sono crollate (tanto di diminuire del 92% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), ha ancora senso interessarsi a questi strumenti?

Fonte: WSJ

La premessa alla risposta a questa domande (che, spoiler, è SÌ), è che questa flessione era tutto fuorché imprevedibile: tutte le innovazioni tecnologiche seguono una traiettoria simile, dal momento della loro introduzione, a quello in cui diventano un elemento naturale delle nostre vite – come spiega molto bene The Gartner Hype Cycle che vedete qui sotto.

Quindi sì, ha assolutamente senso esplorare questo spazio – e soprattutto capirlo – perché gli NFT per come son stati visti finora rappresentano solo una delle infinite modalità di utilizzo dei token: potremmo dire che quelli che abbiamo conosciuto sono gli NFT 1.0 (basati principalmente sulla FOMO, sulla scarsità, e sulla volontà di fare show-off del loro valore), mentre il prossimo passo – quello degli NFT 2.0 – vedrà prevalere caratteristiche molto differenti: il valore per chi li acquista, che sarà dato dalla loro utilità e dal racconto in cui accompagneranno le persone.


Dopo questa – crediamo necessaria – introduzione abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con Stefano Rosso, CEO di BVX – Brave Virtual Xperience (parte del gruppo OTB) e Co-fondatore di D-Cave.

Uno degli spunti più interessanti emersi riguarda il fatto che – nonostante il metaverso sia un mondo virtuale, e gli NFT dei token digitali – il legame col mondo fisico venga rafforzato da questi nuovi strumenti: insomma, una sorta di ponte tra virtuale e non virtuale, che fino a oggi non era possibile e oggi diventa invece una chiave.

Stefano sottolinea che siamo animali social per natura, e gli esseri umani non sono a loro agio quando sono soli, rinchiusi in spazi virtuali in cui non possono condividere le proprie esperienze e le proprie emozioni con gli altri: in molti si stanno sposando da progetti solo virtuali a progetti che prevedano almeno una componente fisica.

Altro elemento fondamentale sottolineato da Stefano riguarda la necessità di creare delle community forti attorno a valori condivisi: ed è questo uno dei principi su cui si basa il concetto di web3, e da cui i brand non possono prescindere se vogliono partecipare a un cambiamento di paradigma che sta già avvenendo.

Qui trovate il video integrale dell’evento, in cui potete ascoltare l’intervento completo di Stefano Rosso:


Per questa tredicesima edizione di WTFuture è tutto, vi diamo appuntamento al prossimo episodio!

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