Think Forward 2023: Fragmented Futures

Analisi
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Donato Falotico Research & Insight Director, We Are Social

L’anno scorso Think Forward analizzava il modo in cui emergevamo dalla pandemia per affacciarci ad un panorama digitale trasformato. Dopo un lungo periodo di sperimentazione forzata con il lavoro, la scuola e l’autoformazione, i social si stavano guadagnando il ruolo di nuovo strumento educativo. Con l’esperienza esclusivamente ‘sound on’ di TikTok, nasceva una nuova generazione di contenuti digitali categorizzati nel genere ‘vibes’, così chiamato per la capacità di suscitare una sensazione particolare, una risposta emotiva riconoscibile da chi frequenta le piattaforme. Abbiamo assistito alla trasformazione dei social da supplemento dei mass media – o “secondo schermo” – a vero e proprio hub generatore di intrattenimento di massa, dove a tenere il microfono sono ora le community. Dall’affermazione di Khaby Lame che –  prendendo in giro gli altri TikToker e ribellandosi agli algoritmi – diventava simbolo di un nuovo “cinismo social”, all’esplosione degli NTFs, abbiamo infine visto nascere un “nuovo materialismo” in cui i contenuti digitali non erano più visti come accessibili e gratuiti, ma sempre più come come risorse potenziali in cui investire.

Questi cambiamenti ci hanno lasciato con uno scenario online ancora più frammentato in tante realtà. Se oggi pensiamo al futuro, più che immaginarlo attraverso un telescopio, dobbiamo immaginarlo attraverso un caleidoscopio. Che si tratti dell’esplosione di nicchie di creators su TikTok o dell’alba di un nuovo modo di fare scoperte su internet, i brand dovranno ora affrontare una sfida complessa: quella di riuscire a catturare l’attenzione di persone che si muovono attraverso disparati interessi e molteplici realtà fatte di significati e valori che hanno il potenziale di diventare mainstream. È questo lo sfondo del Think Forward di quest’anno: un report che ci aiuta ad avvicinarci a questi universi frammentati ed a comprenderne le dinamiche. Un report che aiuta i brand a capire come reagire, adattarsi ed inserirsi in questi nuovi scenari in costante trasformazione

Sotto troverete una breve descrizione di ognuno dei cinque trend; il report completo invece, potete leggerlo qui

  1. Textured Discovery

Stiamo assistendo ad una rivoluzione nel modo in cui le persone esplorano la rete e scoprono nuovi contenuti. Il termine “googlare” potrebbe diventare obsoleto, dal momento che i metodi tradizionali di ricerca vengono ora integrati – se non addirittura sostituiti – con gli approcci più visivi, collaborativi, talvolta casuali, che sono propri dei social media. Questi “viaggi di scoperta” possono quindi cominciare con un tuffo nel mare dell’informazione di Reddit, per poi spostarsi nell’universo sensoriale di TikTok, o nelle trame di Roblox.

Le persone vogliono l’inaspettato, non il prevedibile, e vogliono scrutare oltre il sipario dei propri feed e delle pagine “For You” alla ricerca di uno scorcio più casuale e imprevisto di ciò che il web ha da offrire. Esemplificativo il trend ‘sorry wrong fyp’, in cui i venditori su TikTok ironizzano su quanto l’algoritmo possa nascondere agli utenti dei contenuti potenzialmente interessanti.

Anziché intraprendere i loro percorsi di ricerca utilizzando specifici termini, spesso le persone scoprono nuovi contenuti sulla base di sensazioni, estetiche e mood. Nel Subreddit r/BooksThatFeelLikeThis ad esempio, si possono trovare consigli di lettura basandosi sulla “sensazione” di una determinata fotografia.

I brand possono consentire alle persone di scrutare al di fuori della propria filter-bubble orientata dall’algoritmo e persino trasformare la scoperta in un processo collaborativo. Spotify, ad esempio, ha lanciato lo strumento “Friends Mix” che consente a più utenti (amici, partner e familiari) di scoprire dove i loro gusti musicali si incontrano e suggerisce in modo proattivo nuovi artisti e generi in base alle loro preferenze, consentendo agli orizzonti musicali delle persone di espandersi.

Questi nuovi processi di scoperta possono avvenire anche in spazi virtuali e multisensoriali. Sulla sua piattaforma Horizon Worlds, Meta ha lanciato Nope World. L’esperienza, basata sul film Nope di Jordan Peele, prevedeva un viaggio in treno virtuale in cui i visitatori potevano scoprire degli “easter eggs” basati sul film.

  1. Collapsing Narratives

Un tempo lo storytelling era una forma d’arte codificata, caratterizzata dal racconto di un inizio, uno sviluppo ed una conclusione. Ma oggi le storie, per poter sopravvivere alla moderna economia dell’attenzione, stanno mutando e abbandonando la linearità. Non le vediamo più progredire su un arco narrativo regolare, tantomeno hanno un inizio ed una fine nello stesso “luogo”. Le narrazioni possono cominciare bruscamente “in medias res”, oppure espandersi estendendosi su diverse piattaforme. 

La collezione Dolce & Gabbana x Jujutsu Kaisen ad esempio – ha unito due diverse forme d’arte, moda e anime, giocando con un immaginario ispirato allo street style dei quartieri più vivaci e frenetici di Tokyo, da Harajuku a Shibuya. I visual dei personaggi della famosa saga sono stati svelati sul sito web speciale e sui canali social del brand. Strizzando l’occhio al fandom giapponese, D&G ha creato un universo narrativo transmediale che si espandeva su diversi canali, sia online che offline.

Le immagini e i suoni di una narrazione possono muoversi fluidamente tra le piattaforme. Basti pensare a quanto sia diventata prassi comune il cercare su Spotify i soundbites che sono diventati trending su TikTok. Le “colonne sonore” dei contenuti prodotti dai tiktokers acquistano nuovi significati quando vengono ascoltate per intero su Spotify, magari associando l’ascolto delle canzoni alla lettura delle lyrics di accompagnamento o della bio dell’artista. La playlist TikTok Music è così apprezzata che vanta più di 1.2 milioni di likes. 

  1. Margin-chasers

Sui social, mostrare se stessi nella propria autenticità sta diventando sempre più complicato a causa di un cinismo e di una diffidenza crescenti. Le persone tendono quindi a credere che l’unico modo per essere percepite come “vere” – e non semplici posers – consista nel comportarsi in modo insolito: nel mondo digitale della post-genuinità, l’essere estremi equivale quindi all’essere credibili, diretti ed efficaci.

Così, trend come il ‘Cashstuffing’ (dove i TikToker rompono le bottiglie di vetro contenenti i loro risparmi) mostrano come anche pratiche banali come il risparmiare vengano drammatizzate ed eseguite in modi estremi.

Tutti i brand possono reinterpretare i loro valori in chiave “drammatica”. Nella loro collaborazione The Hacker Project, Gucci e Balenciaga hanno fintamente e vicendevolmente vandalizzato le proprie vetrine. Per Gucci, questo statement estremo è un’estensione della fascinazione di lunga data del brand per l’autenticità, l’appropriazione e la cultura della contraffazione, e una manifestazione più estrema di qualcosa con cui continua a giocare dal 2018.

Rimanendo nell’industria della moda, Valentino ha ingaggiato come modella la ‘potato girl’ di TikTok, la cui autenticità deriva dal suo comportamento stravagante: il suo essere fan delle patate (una vera e propria nicchia) è praticato con un certo impegno in termini di stranezza e intensità

  1. New Cooperatives

La parte “social” dei “social media” sta cambiando. Fino a poco tempo fa, il connettersi con i propri contatti e il consumare contenuti erano strettamente interconnessi, mentre ora si stanno allontanando tra loro. Il vuoto che questo ha creato, è però colmato da forme di connessione più aperte, dinamiche e molto meno focalizzate sul singolo individuo. Nella riorganizzazione delle reti sociali, il concetto di individualità – almeno nella sua vecchia accezione – viene superato. La cura dell’identità, la presentazione del sé, il concetto di gerarchia e status vengono messi da parte per lasciare spazio alla costruzione della community sulla base di interessi e valori condivisi

Lego, con ‘Lego Ideas’, ha invitato i propri consumatori adulti per un crowdsourcing di nuove idee di prodotto. Il marchio accetta nuove proposte che includono un modello Lego e un articolo che descrive un potenziale nuovo set. Ogni progetto deve essere supportato da 10.000 utenti diversi per essere idoneo alla revisione. La revisione dura circa due anni, ma i vincitori portano a casa l’1% delle vendite del prodotto che hanno progettato. La fanbase di Lego è molto legata al marchio e avere la possibilità di vedere il proprio nome su uno di questi nuovi pezzi può essere entusiasmante. Allo stesso tempo, Lego beneficia di migliaia di nuove idee, assicurandosi di continuare a nutrire la sua community.

Bombay ha collaborato con il regista Baz Luhrmann invitando artisti e designers a mostrare la loro creatività sotto seguendo il motto “Show us what you see”. Saranno scelte 10 opere che celebrano i momenti quotidiani più stimolanti. Piuttosto che fare pubblicità “in casa”, il brand passa la palla ai creativi di tutto il mondo.

  1. Expanding Identities

Stiamo entrando in un mondo social sempre più caratterizzato da VR e AR: questo sta aprendo nuove strade all’espressione dell’identità. Nel mondo virtuale possiamo infatti raccontare noi stessi con estrema precisione, anche in maniera sarcastica e con caratteristiche inedite, idiosincrasie e sfumature bizzarre. In termini culturali, si tratta di un rilevante traguardo. I creators si stanno adattando a questo diffuso entusiasmo per la libera espressione del sé online.

Pringles ha lanciato una nuova attivazione in cui le persone possono avere la possibilità di essere pagate per lavorare in un videogioco come non-playable characters (NPC). Il brand ha chiesto agli utenti di creare video di se stessi spiegando perché sarebbero stati i migliori in questo lavoro

È inoltre esemplificativo il caso di Bakeup, un marchio di bellezza “metaverse-first”. Il brand progetta prodotti che funzionano su più mondi: i suoi veli di strass possono essere indossati nella vita reale, e sono forniti con un filtro AR abbinato per i social, oltre a una versione NFT che può essere indossata, raccolta, scambiata e venduta nel metaverso. In tal modo, Bakeup crea una linea di confine tra i molti sé di una persona – il sé IRL, il sé sui social e il sé nei mondi virtuali – consolidando la sensazione che i nostri sé digitali siano non solo reali e validi, ma anche intimamente intrecciati con ciò che siamo offline.

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