Preferiamo dirvelo noi prima che lo sappiate da qualcun altro: questa cosa dei bilanci 2018 e dei buoni propositi 2019 vi sta sfuggendo di mano.

Best Nine 2018 (quasi un milione i collage postati su Instagram in occasione dell’inizio del nuovo anno), lista dei “fatto”, lista dei “da fare”, Year in review, ringraziamenti che nemmeno Matthew McConaughey alla consegna degli Oscar: una volta erano temi validissimi per farcire le pagine della Smemo, oggi popolano a macchia d’olio i social feed di tutto il mondo.



A ogni modo, lo comprendiamo. È del tutto naturale: ogni inizio porta con sé la voglia di razionalizzare il passato, individuare le possibili aree di miglioramento, innescare gli interruttori del cambiamento. Fa bene a tutti. Soprattutto alle nostre coscienze.

Ad andare per la maggiore, manco a dirlo, restano il mettersi in forma, l’aumentare della propria produttività, un occhio in più all’ambiente (meglio tardi che mai), mangiare meglio, mangiare meno, ridurre lo stress, fare ordine dentro e fuori di sé. E a questo proposito, grazie, Marie Kondo, grazie di cuore.

Ok. Questo è quanto accade nella dimensione offline: animati da un fervido spirito di trasformazione, ci prepariamo per una ripartenza all’insegna del miglioramento a tutto tondo.

E online? Perchè non approfittare di questa febbre da buoni propositi per valutare qualche leggero intervento correttivo anche nei nostri comportamenti sui social?

Se rinnovare l’abbonamento in palestra ci consente di stare meglio con noi stessi, siamo sicuri che qualche piccolo accorgimento da tenere presente quando si interagisce sulle piattaforme possa aiutarci a stare meglio con gli altri. Perlomeno in rete.

Ci siamo divertiti a raccogliere i principali “vizi” delle abitudini social più diffuse, nella speranza che vengano relegati con buona pace di tutti nell’anno appena concluso e che trovino presto un antidoto efficace.

In coda dal medico o nei commenti di un quotidiano online. Che tipo di persona volete essere? Quella che attira l’attenzione polemizzando in maniera gratuita sul tempo, il traffico, il sistema, o quella che ascolta pazientemente il proprio turno, intervenendo solo se necessario?

Il tema dell’odio online è ormai all’attenzione di tutti i media, l’impegno delle piattaforme per contrastarlo sempre più acceso ed efficace, come testimoniato dalle azioni promosse recentemente da Twitter volte a disciplinare un codice di condotta in grado di monitorare gli “hateful users”.



In coda dal medico o nei commenti delle foto dei vostri amici. Seriamente, a nessuno piacciono gli eterni martiri. E tanto meno quelli con la verità sempre e comunque in tasca. Il 2019 porta con sé la svolta dell’umiltà intellettuale.

Nulla da dire sulla tipologia di scatto, ma un ammonimento ci sentiamo di farlo quando il selfie diventa un selfie di gruppo con la partecipazione speciale di water, bidet e box doccia della nonna.

Il 2018 ha infatti consacrato il trend dei #bathroomselfie di design, portando addirittura hotel e ristoranti a fare il possibile per rendere il setting il più instagrammabile possibile per i propri ospiti. Esistono addirittura guide dedicate per andare alla ricerca delle restroom più raffinate e ricercate del mondo. Location, voto dièsci.



La vita è fatta di luci e ombre, il volto umano anche. Rispettiamole. Accettiamole. L’abuso di filtri bellezza e app per il ritocco facciale sta degenerando: creature con ciglia lunghissime, sorrisi abbaglianti e pelle di pesca stanno ridicolmente invadendo l’internet. E la schiera sembra destinata ad aumentare: l’app a pagamento più scaricata del 2018 è proprio FaceTune, un potente photo editor di fotoritocco facciale.

La cosiddetta “Snapchat dysmorphia” è oggetto di un recente studio condotto dal Journal of the American Medical Association (JAMA), che analizza la correlazione tra l’abuso del ritocco dell’immagine e il ricorso alla chirurgia estetica.



Reinterpretando le parole del Tizianone nazionale, ci rivolgiamo così ai 400 milioni di utenti che ogni giorno pubblicano Instagram Stories: “una è troppo poco, ventotto sono tante”. Parliamo del numero di Stories consigliato per produrre un completion rate soddisfacente. Una ricerca ha recentemente preso in esame 15.000 Stories evidenziando alcuni key findings, tra cui quello relativo alla durata. Il numero di contenuti suggerito va da uno a sette.




La lotta di Instagram contro i fake follower prosegue sempre più dura. La piattaforma sta rimuovendo gli account tra quelli che utilizzano app automatizzate per la crescita del proprio pubblico, inviando loro un avvertimento e limitando l’accesso ad alcune funzionalità. Come fare a riconoscerli? Recentemente, il 2018 Fraud Influencer Marketing Benchmark Report ha messo a disposizione una serie di dati utili a fare chiarezza.

Foto di cibo: croce e delizia di ogni feed. Non è un mistero che alla comparsa della pietanza si estragga ormai prima lo smartphone della forchetta. Se da una parte rappresenta un costume social assolutamente radicato (è stato dimostrato quanto il fotografare il cibo prima di consumarlo aumenti l’appetito e migliori l’esperienza), nel 2018 abbiamo però assistito a una varietà di estremizzazioni del tema cibo e social: l’abitudine a postare ogni singola portata, immortalare mappazzoni di dubbia gradevolezza estetica, tutorial tra arte e improbabili performance culinarie. Tutte da cartellino giallo.

Il mondo e i social sono evidentemente sovrappopolati. Proviamo a fare il miglio in più, proviamo a domandarci: quello che dico è rilevante per chi mi legge? Aggiungo qualcosa a ciò che già è stato detto? Evitiamo di contribuire a far crescere la millefoglie di banalità online. Spesso, la soluzione sta semplicemente nel cercare di essere semplici e autentici.



Non sappiamo se questi nostri buoni propositi renderanno il mondo migliore, ma siamo certi che possano rendere migliore la convivenza tra persone, brand, gattini e unicorni sul nostro pianeta preferito. Quello social.

E buon 2019 a tutti.