Smarter Production: la creatività social verso la new normality
L’emergenza che stiamo vivendo, sembra ormai chiaro, è amplificata da una scarsa predisposizione a trovare soluzioni alternative e prima ancora da mancate precauzioni rispetto a possibili cambiamenti che possono scuotere la nostra normalità e con essa il nostro normale modus operandi.
Ce lo dice anche Umberto Galimberti che in un discorso filosofico-esistenziale ci ricorda modelli religiosi, politici, scientifici fondati su diverse definizioni di passato-presente-futuro facendoci notare che chi nel passato non è restato immobile ma ha lavorato su efficacia ed efficienza, sta affrontando la situazione meglio degli altri.
Prendiamo quindi in prestito questa struttura in 3 fasi per alcune considerazioni produttivo-creative sulla situazione che stiamo affrontando.
IL PASSATO: PRIMA DEL COVID-19
La Smart Production è nel DNA di We Are Social da sempre e si è consolidata negli scorsi anni con l’apertura di una vera e propria unità di produzione interna estensione del team creativo, i We Are Social Studios che proprio in questi giorni compiono 2 anni di vita 🍾🥳.
Integrare all’agenzia una unit produttiva si è rivelato efficace sotto diversi aspetti. Avere persone, attrezzatura e spazi a disposizione vuol dire poter ottimizzare l’organizzazione ma soprattutto eliminare la distanza tra il cuore dell’ideazione e quello della realizzazione che in questo modo riescono a comprendersi e ad influenzarsi al meglio.
“Fatto in casa” non ha mai avuto per noi i connotati negativi del “fatto con mezzi di fortuna” (anche se ci piace sperimentare) ma al contrario vuole dire poter capitalizzare una vicinanza intellettuale oltre che fisica con ragazzi giovani, smaliziati rispetto ad output foto/video classici ed a proprio agio con i nuovi linguaggi e mezzi che nascono continuamente sulle piattaforme social.
Ma cosa intendiamo per Smart Production?
Significa che a media, strumenti, contesti di fruizione diversi da quello dell’advertising classico devono essere applicate idee creative diverse, linguaggi funzionali e innovativi e poi modalità produttive calzanti che, considerato il budget e la vita del contenuto ridotta, ottimizzino l’assetto produttivo (maestranze, attrezzatura, location…) e livello di crafting.
Vuol dire fare cose di minore qualità?
No, infatti i contenuti sui social nel corso degli anni si sono fatti sempre più raffinati diventando assimilabili a quelli di altri media ma di pari passo, trend come quello dell’ugly aesthetic, ci dicono che il concetto di qualità è tutto fuorché assoluto (lo raccontavamo qua, slide 23).
Vuol dire trovare modalità produttive alternative, fare quello che consideravamo impossibile come ci insegna Casey Neistat con il suo “Do what you can’t” per Samsung, diventato mantra della creators phylosophy a cui ci ispiriamo.
“We are the creators of this generation. We have idea we need to share.
Casey Neistat for Samsung Galaxy
We know that’s not the size of the production that matters, it’s what you make.”
E se ce lo dice anche il sindaco che la cultura del non si può va combattuta, non possiamo tirarci indietro.
IL LOCKDOWN
Se sopra parlavamo di Smart Production per far fronte a un nuovo contesto e a nuove creatività, il lockdown e poi la new normality ci impongono di essere ancora più smart per aggirare i limiti della situazione.
La produzione è stata sicuramente molto colpita per l’ovvia impossibilità di fare shooting ma con un team creativo tutt’altro che fermo, potendo sfruttare risorse interne è risultato naturale convertire il tempo di produzione on set in tempo di (post)produzione in home working.
Ma in pratica le agenzie creative cosa hanno potuto produrre?
E prima di questo, cosa e come hanno comunicato i brand?
A proposito, nel nostro Do The Right Thing abbiamo raccolto diverse modalità di approccio che andiamo ad approfondire relativamente all’esecuzione creativa.
Partiamo dall’ovvio, cosa non si è potuto fare:
- shooting in studio o location e quindi costruire dei set con della messinscena;
- eventi: divieto di assembramento;
- sfruttare media out-of-home che non avrebbero raggiunto le persone.
Non mancavano però le alternative:
- trattamenti grafici e illustrazioni;
- motion graphics e animazione (The Drum ci racconta perché sono un’ottima opzione);
- utilizzare contenuti da banca immagine;
- capitalizzare su immagini da repertorio cliente (ridando vita a cose già utilizzate in passato o, meglio, sfruttando materiale inedito);
- produrre del contenuto in casa utilizzando strumenti comunemente in mano a tutte le persone;
- to make mobile by mobile sfruttando le feature di piattaforma;
- sfruttare content creator e i loro mezzi/studi casalinghi;
- delegare la produzione a creator/talent;
- fare leva su trend di produzione utilizzati dalle persone come live streaming, conference call ecc;
- stimolare UGC.
I brand hanno potuto sfruttare queste soluzioni per connettersi alle persone per esempio tramite il live streaming che in questo periodo ha avuto una crescita esponenziale tanto che a Menlo Park stanno testando il simulcast Facebook e Instagram per raggiungere contemporaneamente le community sui due canali.
Inoltre Instagram ha attivato la visione dei live da desktop favorendo in questo modo la fruizione di contenuti di lunga durata e liberando lo smartphone per altri utilizzi.
Lasciando da parte esperimenti ad opera di musicisti, dj o ex calciatori tra i brand vi segnaliamo #acasaconBarilla, una serie di contenuti dove abbiamo guidato la produzione di ricette ad opera di chef stellati nelle proprie cucine casalinghe e coinvolto creators come Brahmino che hanno realizzato in diretta i propri artwork.
Restando in ambito food, interessante l’operazione di Chipotle che ha messo in connessione la propria community organizzando dei veri e propri pranzi in compagnia.
Brand nella posizione di dare una mano pratica per superare questo momento difficile hanno potuto produrre del contenuto utile alle persone spiegando per esempio le modalità di attivazione di un servizio o come può essere utilizzato al meglio in questo periodo. A questo scopo strumenti come l’infografica o la motion graphics sono assolutamente efficaci e realizzabili da professionisti in home working.
A proposito di aiuto alle persone, la comunicazione, oltre ad essere prodotta in formato video, si può esprimere con la realizzazione di strumenti concreti come il nostro Snap Safe, un filtro Snapchat che ci dà una mano a mantenere il distanziamento sociale.
Le persone hanno avuto anche un grande bisogno di intrattenimento, da una parte per occupare il tempo libero, dall’altra per avere delle valvole di sfogo. Brand provider di intrattenimento ma anche quelli votati alla convivialità hanno quindi trovato spazio per offrire del contenuto alla propria audience.
Lavazza l’ha fatto per esempio organizzando delle colazioni in streaming sfruttando il suo network di professionisti e talent che ci hanno fatto compagnia nelle scorse settimane.
Si è anche potuto scommettere su formati di maggiore durata rispetto ai contenuti veloci che assecondano le logiche di piattaforma.
Durata lunghissima nel caso del film Audi realizzato dai nostri colleghi australiani con l’obiettivo di far rilassare e concedere una via di fuga alle persone a casa. Interessante dal punto di vista produttivo essendo riusciti a distribuire i compiti su diversi professionisti al momento in differenti livelli di lockdown (in Australia era ancora possibile girare pur mantenendo il distanziamento sociale).
Restando all’estero Campaign ha raccolto storie di produzioni in lockdown che applicano le soluzioni alternative che citavamo in precedenza: delega a maestranze e/o attori nelle proprie abitazioni guidati da remoto, utilizzo di materiale di repertorio o stock, animazione, impiego di applicazioni per video call, coinvolgimento di influencer/creator, UGC ecc.
Tra questi esempi menzione d’onore al film per Women’s Aid: dovendo raccontare un problema reale, il look & feel vicino all’amatoriale risulta in una maggiore autenticità e quindi efficacia del messaggio.
Il lockdown poi ci ha forzato all’utilizzo di strumenti di comunicazione interpersonale che in alcuni casi si sono rilevati efficaci strumenti di comunicazione creativa.
Come nel caso del fotografo Alessio Albi che ha “scattato” le sue modelle da remoto catturando le schermate delle video call in cui le dirigeva.
Ci porteremo queste tecniche nella new normality? Riusciranno a fare il salto fuori dai social?
Shot on iPhone ha già qualche anno ma aprile 2020 non è ancora tempo di Screeshot on Facetime, almeno non in copertina.
Vogue per il suo ultimo numero realizza la prima Big FaceTime Campaign (Big perché forse si sono ispirati alle piccole?) ma in cover sceglie il total white. Peccato. La moda forse ha accettato le imperfezioni del corpo ma pare temere ancora l’imperfezione del pixel.
Fonte: Vogue. Foto: Pierre-Ange Carlotti.
In generale, relativamente al formato foto e video, è stato difficile produrre materiale dal livello di crafting elevato sfruttando mezzi e maestranze adeguate ma la gente in questo momento particolare ha accettato una qualità delle immagini minore sia relativamente a contenuti sui canali social che a quelli sul mezzo televisivo dove ormai è la norma l’utilizzo di collegamenti via Skype di bassa qualità.
Nelle diverse interviste che YouMark ha fatto con diverse case di produzione è ricorrente un discorso sulla qualità del prodotto video messa in pericolo, ma temiamo che troppo spesso si tenda ad associare il termine qualità più alla costruzione artefatta di situazioni perfette o alla quantità di pixel e frame al secondo ripresi più che all’efficacia stessa della comunicazione creativa.
Da queste parti abbiamo sempre creduto che il contenuto social dovesse essere il più possibile assimilabile a quello prodotto da persone e creator, al netto di un ovvio rispetto del tono di voce e dell’immagine visiva che caratterizzano il brand. E in questa situazione a maggior ragione ci si può permettere un livello di crafting meno raffinato ma di contro più autentico.
LA FASE 2 E LA NEW NORMALITY
Con l’inizio della fase 2 permangono molte delle limitazioni precedenti ma torna ad essere possibile realizzare delle produzioni.
Diventa quindi di fondamentale importanza avere delle regole di sicurezza specifiche per le produzioni riguardanti dispositivi di prevenzione, distanziamento, sanificazione di spazi e attrezzature, monitoraggio del personale coinvolto ecc.
Si dice che un problema nasconda sempre un’opportunità: non possiamo più assembrare 200 persone nella nostra Conference Room? Allora la convertiamo in una grande sala di posa che ci permetta di organizzare il set mantenendo le distanze di sicurezza.
Oltre a regolamentare il lavoro sul set diventa importante potenziare la collaborazione da remoto rendendo più efficaci gli step di produzione tramite, ad esempio, la possibilità per il cliente di seguire lo shooting in live streaming e l’utilizzo da parte del team creativo di software dedicati alla revisione del contenuto video in lavorazione.
Considerando poi che permarrà per un po’ di tempo uno sbilanciamento verso l’attività di post produzione rispetto a quella di produzione di nuovo girato on-set, si deve investire sull’allargamento delle competenze del team di lavoro: un operatore/videomaker dovrà affinare le sue doti di montaggio come pure per un montatore sarà utile muoversi verso motion graphics e video compositing.
In conclusione crediamo che ci sia un solo modo per affrontare questa situazione: trasformarla in un’opportunità per ragionare sul ruolo che avrà la produzione in futuro, per mettersi nuovamente in discussione rendendo ancora più smart e innovativo il lavoro di produzione creativa consolidando dinamiche virtuose che portino nuovo valore indipendentemente dalla condizione particolare che stiamo affrontando in questa fase.
P.S.: abbiamo approfittato di questo periodo anche per aggiornare il reel degli Studios con il lavoro degli ultimi 2 anni, dateci un occhiata 😉